Quando Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti d’America uno dei timori maggiori di molti osservatori internazionali era che con lui alla Casa Bianca lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale sarebbe stato di gran lunga più probabile che se a vincere fosse stata Hillary Clinton. La valigetta con i codici nucleari nelle mani di Donald Trump: una prospettiva che ancora oggi fa rabbrividire davvero tanti. Anche l’attuale capo del Pentagono, James Mattis, ha detto che una situazione in cui Trump potrebbe ordinare un attacco nucleare preventivo senza il permesso del Congresso è possibile. Mattis, rispondendo ad un’interrogazione durante un’udienza alla commissione per gli affari esteri del Senato del Congresso USA sull’uso della forza militare all’estero, ha chiarito che questa ipotesi sarebbe percorribile se ad esempio gli Stati Uniti scoprissero che un Paese ha intenzione di compiere un attacco nucleare senza possibilità di evitarlo. (agg. di Dario D’Angelo)
COREA DEL NORD, CROLLA TUNNEL SITO NUCLEARE
Il crollo di un tunnel nella centrale di Punggye-ri, in Corea del Nord, sito del test nucleare effettuato a settembre, ha provocato centinaia di morti: 200 secondo la tv giapponese. Secondo i media internazionali l’incidente, che rischia di alimentare le tensioni e le probabilità dello scoppio di una Terza Guerra Mondiale, non è di oggi ma risalirebbe al 10 ottobre. Dal regime, però, le notizie filtrano col contagocce ed ecco spiegato il ritardo con cui la comunità internazionale ha appreso l’accaduto. Secondo la tv nipponica erano 100 le persone rimaste intrappolate nel tunnel al momento del crollo: altrettanti i soccorritori inviati a salvarli rimasti schiacciati da un’altra ala della galleria venuta giù poco dopo il loro ingresso. Come riportato da La Stampa, soltanto pochi giorni fa era stata la Corea del Sud ad avvertire che un’altro test nucleare sul sito avrebbe potuto portare al crollo totale della montagna, provocando tra l’altro una perdita pericolosissima di materiali radioattivi. Un allarme condiviso da esperti esteri e attivisti per i diritti umani. (agg. di Dario D’Angelo)
USA RESTANO IN IRAQ
Non c’è soltanto la Corea del Nord nei pensieri degli Stati Uniti. Lo spauracchio di una Terza Guerra Mondiale che possa scaturire dalle tensioni con Kim Jong-un non può comunque distrarre gli americani da scenari altrettanto infuocati come lo sono da anni quelli in Medio-Oriente. Il riferimento è all’impegno delle forze statunitensi in Iraq, deciso all’epoca dall’amministrazione Bush e che non cesserà nell’immediato neanche adesso che alla Casa Bianca c’è Donald Trump. Lo ha confermato il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, che davanti alla Commissione affari esteri del Senato ha dichiarato:”Rimarremo in Iraq fino a che l’IS [Stato islamico] non sarà sconfitto nell’ambito delle AUMF (autorizzazione all’uso della forza militare, ndr) del 2001 e del 2002″. Tillerson ha poi aggiunto:”Siamo lì anche su invito del governo iracheno”, a voler rimarcare come quella americana non sia un’azione invasiva ma piuttosto un’operazione volta a preservare il fragilissimo equilibrio nella regione. (agg. di Dario D’Angelo)
PAPA FRANCESCO MEDIATORE DI PACE?
Chiariamo subito un concetto: Papa Francesco è stato il primo a parlare con una certa insistenza in pubblica di una terza guerra mondiale (a pezzi) già nel 2015 con le crisi in Medio Oriente e il terrorismo strisciante e terribile dello Stato Islamico. Due anni dopo abbiamo una Corea del Nord e degli Stati Uniti pronti allo scontro nucleare e una comunità internazionale a tratti inerme nel trovare un’antidoto alla prossima e possibile guerra mondiale: ieri titoli di giornali e siti pubblicavano, «Papa Francesco mediatore sulla crisi mondiale in Corea del Nord». Come sempre, la vera realtà delle cose è un po’ più complessa e un po’ meno “banale” come viene presentata dai media generalisti. Il portavoce Greg Burke portavoce e direttore della Sala Stampa Vaticana precisa, «falso parlare di una mediazione da parte della Santa Sede, come affermato dai media italiani in relazione alla crisi in corso tra Stati Uniti e Corea del Nord. Il Santo Padre – afferma ancora Burke – lavora con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, come lui stesso ha ribadito lo scorso mese di marzo in un messaggio indirizzato all’Onu». La notizia di un Bergoglio mediatore “vip” è stata data dopo che lo stesso Pontefice oggi in visita al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha detto in maniera netta, «l’umanità rischia il suicidio con la minaccia gravissima delle armi nucleari. Siamo in una vera e propria guerra».
Guardando indietro nella storia della Chiesa, l’esempio più fulgido di “mediatore” in seconda fila ma assai decisivo è stato certamente Papa Giovanni Paolo II. Il suo infaticabile lavoro di preghiera costante per la pace e mosse diplomatiche a corredo ha permesso di combattere e sconfiggere il comunismo sovietico, oltre che mettere una “pezza” importante nei delicatissimi equilibri della guerra fredda tra Usa e Russia. Quella stessa mediazione è auspicabile che oggi, nell’opera costante di pace di Papa Francesco, riaccada per evitare che l’umanità potesse un giorno pentirsi di quanto (non) fatto: proprio oggi il direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke ha reso noto che la prossima settimana si terrà in Vaticano un importante convegno dal titolo: “Perspectives for a World Free from Nuclear Weapons and for Integral Development”. Il Papa propone una via, un dialogo per uscire dalla crisi, ma non sarà quel ruolo di “mediatore” che la stampa vuole cucirgli addosso: se però indicare di continuo la strada della pace e i motivi per cui l’uomo non è fatto per la guerra e la distruzione si dimostrerà un’azione “mediatrice”, tanto di guadagnato. Il mondo oggi, come ieri e domani, ne ha davvero bisogno.
NATO E L’AVVERTIMENTO CONTRO LA NORDCOREA
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha parlato ancora, questa volta in una intervista al giornale giapponese “Yomiuri Shinbun”, con l’argomento della terza guerra mondiale ancora più al centro che mai. Secondo quanto spiega il capo dell’alleanza atlantica, ogni Paese Nato e non solo gli Usa devono temere le minacce di Pyongyang: «Ci rendiamo conto che l’Europa è anche alla portata dei missili nordcoreani. Anche i Paesi della NATO sono minacciati… La NATO ha i mezzi e la determinazione per compiere un contrattacco». Questo significa che secondo Stoltenberg ognuno deve sentirsi chiamato in causa e cooperare per evitare la guerra contro Kim Jong-un, dimostrando ancora più mondiale uno scontro per ora solo diplomatico ed economico. «Bisogna però rafforzare la pressione sulla Corea del Nord per costringerla a negoziare», ha spiegato ancora il segretario Nato puntando ancora molto sulla diplomazia, a differenza di quanto spiega pubblicamente il presidente Usa Donald Trump.