A 12 anni è stato perseguitato e pestato dai bulli nel bagno di una scuola media del Miranese, dove da pochi mesi si era trasferito con l’intera famiglia. E’ questa la storia di violenza a scapito di un bambino straniero il quale, al pari dei suoi genitori non mastica ancora bene la nostra lingua. E proprio questo potrebbe essere alla base dell’aggressione avvenuta lo scorso 28 settembre. Il ragazzino ha riportato diversi traumi, come refertato dai medici dell’ospedale di Dolo, ed al momento sarebbe ancora in convalescenza (tra 10 giorni ci sarà la visita di controllo). A parlare al quotidiano Il Gazzettino è invece il padre della giovane vittima di bullismo, il quale ha riferito della grande paura del 12enne: “Non parla dell’accaduto ma non ha più il coraggio di tornare in classe”, ha rivelato. La scuola, stando alle sue dichiarazioni, non li avrebbe neppure contattati dopo la spiacevole vicenda. Eppure le conseguenze di quel pestaggio sarebbero state piuttosto evidenti: “Dopo il pugno in faccia aveva un occhio tutto rosso e tumefatto e non si reggeva in piedi”, ha rivelato il padre. Alla base di quell’assurda aggressione, dunque, ci sarebbero i limiti linguistici del bimbo straniero e della sua famiglia, che ora teme che posano esserci anche in futuro ulteriori ripercussioni ai danni del 12enne preso di mira dai bulli. Fortunatamente non è mancata la solidarietà da parte delle famiglie degli altri compagni di scuola che frequentano la prima media, nella medesima classe del bambino straniero.



CLIMA DI OMERTÀ A SCUOLA

Una chat di Whatsapp riunisce i genitori degli alunni della scuola nel Miranese finita al centro della cronaca locale e non solo per via dell’ingiustificata aggressione a scapito del 12enne. E proprio in questa piazza virtuale sono emersi i nomi ed i cognomi dei responsabili del pestaggio e che farebbero parte di una baby gang con tanto di leader. I bulli che lo scorso giovedì avrebbero preso di mira il bambino, sarebbero tutti italiani e di terza media. Nel loro mirino non solo il 12enne straniero e probabilmente altri ragazzini più deboli ma anche alcuni professori ai quali avrebbero rivolto in più occasioni le loro minacce ed insulti durante le lezioni in classe. Il giorno seguente al pestaggio del ragazzino, nei corridoi della scuola non si parlava di altro, ma la baby gang non si sarebbe fermata: la stessa mattina avrebbe proseguito con gli atti di violenza, rigando le auto di alcuni docenti, come se fosse una sorta di atto intimidatorio affinché mantenessero il silenzio su quanto accaduto il giorno precedente. Gli atti violenti nella scuola, dunque, avvengono da tempo e gli episodi sembrano essersi fino ad oggi consumati in un clima di silenzio ed omertà. A sottolineare questa inquietante situazione è stato lo stesso padre del ragazzino vittima dei bulli che ha ribadito come la preside della scuola non li abbia mai chiamati neppure per chiedere come stesse il figlio o per scusarsi per l’accaduto. Una telefonata, in realtà, ci sarebbe stata ma solo “per avere le copie dei certificati dell’ospedale”, ha specificato il padre amareggiato. Un’inchiesta interna, tuttavia, sarebbe già stata avviata.

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