Torna d’attualità il caso delle due studentesse americane violentate da due carabinieri in servizio. Sono emersi infatti i verbali con il racconto delle ragazze e degli stessi agenti. «Venite a prenderci per favore, violentati dalla polizia, polizia macchina la casa», questo il contenuto della telefonata all’operatore del 113, riportato da La Nazione. Sono le 3.48 del mattino del 7 settembre scorso quando parte questa telefonata. La polizia arriva alle 4.06, trovando anche un’interprete, messa a disposizione dall’università americana frequentata dalle due studentesse. Lei traduce agli agenti il racconto delle giovani: parlano di “poliziotti”, ma le indagini chiariscono l’equivoco, sono due carabinieri. La prima ragazza racconta di aver bevuto due bicchieri di vodka, mentre l’amica aveva bevuto molto. E riferisce di aver chiesto aiuto ad alcuni presenti in discoteca per chiamare un taxi e tornare a casa. Uno dei «numerosi poliziotti presenti» si offre di farlo, ma poi dice al collega che le avrebbe riportate a casa. Una volta scese dalla gazzella, le due ragazze entrano nel palazzo con i carabinieri. Una sale in ascensore con il conducente, l’altra sale a piedi e nota un bacio tra l’amica e un carabiniere. A quel punto viene spinta sulla finestra del pianerottolo dal collega, che le avrebbe abbassato i pantaloni e abusato di lei. Racconta poi di aver afferrato l’amica, che era uscita dall’ascensore nel frattempo, e di essersi rifugiata in casa. 



LA VERSIONE DEI CARABINIERI

Dopo due giorni è arrivata la versione di uno dei due carabinieri, Marco Camuffo. Racconta di essere andato in discoteca per un intervento e di essersi fermato a bere un caffè su invito del titolare. Due ragazze si sarebbero avvicinate chiedendo aiuto per trovare un taxi per tornare a casa, quindi si offrono di portarle con l’auto di servizio dopo alcuni tentativi falliti al telefono. Nel palazzo sarebbe stata la ragazza ad abbassarsi i pantaloni e al termine dell’atto gli avrebbe chiesto il numero di telefono, salvato poi su WhatsApp. E aggiunge che le due ragazze non sembravano ubriache. Il collega Pietro Costa si presenta il 12 settembre dal pm Ornella Galeotti: come riportato da La Nazione, sostiene di non aver percepito l’ubriachezza delle due ragazza, ma ammette di aver visto che il collega cercava di abbassare i pantaloni dell’altra ragazza. Circa il suo rapporto, spiega che la ragazza lo aveva invitato a entrare in casa, ma che l’amica le aveva detto che non era possibile. Quindi entrano in ascensore e si baciano, poi si ritrovano nudi dopo aver consumato un rapporto sessuale, al termine del quale è rientrata tranquillamente in casa con l’amico.



I PUNTI OSCURI DA CHIARIRE

Sono tre i nodi da sciogliere sullo stupro di Firenze: la telefonata al taxi, il momento dello scambio dei numeri di telefono, il tasso di alcol quando le due studentesse americane salgono sulla gazzella. I carabinieri Marco Camuffo e Pietro Costa sono accusati di aver abusato sessualmente delle due ragazze: per la seconda volta è stato richiesto dal pm Ornella Galeotti l’incidente probatorio, ma non ancora fissato dal gip Mario Profeta. Sarà fondamentale, come riportato da La Nazione, per precisare alcuni aspetti. La telefonata al taxi sarebbe partita dallo smartphone di una delle due americane, poi sarebbe proseguita da uno dei due militari. I tassisti hanno detto di aver inviato una vettura, quindi perché le avrebbero accompagnate senza comunicare nulla al proprio comando? Nei cellulari delle due ragazze potrebbe nascondersi la verità, e così nei tabulati telefonici. L’analisi potrebbe essere fondamentale anche per capire se e quando è avvenuto lo scambio dei numeri di telefono. L’alcol invece è l’elemento chiave: il tasso alcolemico verrà stabilito dalla perizia. 

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