Si chiamano Lydia Guirous, Jeannette Bougrab, Sonia Mabrouk, Leila Slimani e tante altre ancora: sono solo alcune delle donne musulmane che in Francia, ormai da anni, vengono attaccate e quasi “esiliate” culturalmente per la loro semplice denuncia delle varie menzogne, violenze e ipocrisie dell’islam. Come però avrete notato dal nome, non si tratta di donne cristiane, atee o anti-islamiche per antonomasia, bensì sono donne musulmane che hanno vissuto e in molti casi vivono ancora i dettami del Corano e ritengono una famiglia pacifica e anche tollerante la loro personale esperienza di religione islamica. Ma sono anche donne che non chiudono gli occhi e “si fanno andare bene” ogni cosa viene insegnata loro: dalla Jihad alle libertà limitate delle donne, dall’omofobia all’antisemitismo e tanto altro ancora, la denuncia che da anni sostengono queste donne coraggiose in alcuni casi ha raggiunto l’effetto di venire attaccate, insultate, alcune addirittura costrette a spostarsi con una scorta armata. In un interessante reportage di Giulio Meotti sul Foglio che riprende un dossier che circola in questi giorni sul Figaro, viene raccontata la storia di alcune di queste donne che sempre di più in Francia sollevano un vero e proprio “caso” culturale e letterario. «Sole contro tutti, contro i censori islamici e i tartufi della laicità, contro le intimidazioni dei media, accusate di essere serve dai fondamentalisti e di stigmatizzare i musulmani da parte della sinistra», come le descrive il cronista italiano. Vengono definite “collabeur” dagli islamisti fanatici radicali che le disprezzano per aver scritto libri e preso forti posizioni contro l’Islam radicale.



Ad esempio c’è il caso di Leila Silvani, l’ex cronista della June Afrique che ha pubblicato un libro sui tabù del mondo arabo come il sesso extramatrimoniale: per i suoi testi viene attaccata duramente dagli islamisti suoi “fratelli” ma radicali, ad esempio per quando scrive «se non risolveremo la questione del posto femminile nella società rimarremo ostaggi degli islamisti». Ma Slimani viene attaccata anche dalla sinistra francese – tra i Verdi, la Sinistra di Melanchon e parte del Partito Socialista – perché promuoverebbe i valori occidentali: come lei, attaccati su più fronti lo è anche Jeannette Bougrab (ex compagna del direttore di Charlie Hebdo “Charb”) che nel suo “Lettre d’exil” denuncia il silenzio terribile attorno alle “negazioni” che gli occidentali per primi fanno a riguardo dei rischi dell’islamismo in terra nostrana. «La Francia non appare più come un paese che difende la libertà di espressione e questa rinuncia è impossibile da accettare. Siamo esiliati dall’impero della negazione».



IL CASO DI LYDIA GUIROUS

Il caso però forse più famoso e clamoroso di queste musulmane “esiliate” riguarda certamente Lydua Guirous: fino a non molto tempo fa portavoce dei Repubblicani, è da tempo minacciata di morte per aver denunciato la polizia islamista nelle banlieu delle principali città francesi. È stufa, come le sue “colleghe” di sentire parlare dopo ogni attacco terroristico, problema forte di integrazione e radicalismo fanatico, che «tutto questo non ha niente a che fare con l’Islam». Secondo la Guirous, «spetta ai musulmani adattarsi e non alla società francese. Quel termine collabeur è peggio di put…a. Sei un traditore da punire e militare nella pubblica piazza, ogni persona di origine nordafricana che rifiuta il comunitarismo e si evolve con uno stile di vita francese è un “collaboratore”». Queste parole dell’ex portavoce dei Repubblicani, segnalate da Meotti, esprimono tutta la fatica e il tentativo di denuncia contro quell’Islam radicale di cui le stesse istituzioni francesi temono di “attaccare” o “scomodare”.



Viene alla mente quella straordinaria testimonianza che giusto un anno fa sul suo libro autobiografico ebbe il coraggio di denunciare una 39enne franco-tunisina musulmana ed ex radicale, sposata con un francese imbevuto di fanatismo. Dopo molti anni passati nell’islam radicale ha voluto abbandonare quella strada “folle e disumana”, denunciando tutto quello che ha visto e fato: «Il wahhabismo salafito è una “nuova, falsa religione” che spinge “all’odio verso il miscredente”, sebbene alla base di ogni fede “ci dovrebbe essere la spinta al riavvicinamento fra gli esseri umani». C’è bisogno di donne e uomini così: quando amare la verità viene prima di ogni convinzione e possibile ideologia “sposata”.