In un’intervista rilasciata a Il Manifesto, l’antropologa portoricana Gabriella Coleman sviscera il fenomeno Anonymous, rispondendo soprattutto a una domanda che spesso investe gli attivisti che operano sul web in maniera, come suggerito peraltro dal nome, del tutto anonima. E’ possibile compiere un gesto politico senza assunzione di responsabilità? Come si legge nel pezzo, “la combinazione di anonimato e uso di potenti simboli mediali hanno reso Anonymous uno dei movimenti libertari e antagonisti più importanti degli ultimi anni.” E dire che la Coleman è arrivata ad indagare e analizzare Anonymous quasi per caso, come “costola” di un’inchiesta condotta su Scientology. L’antropologa scoprì che molti hacker erano coinvolti in azioni di protesta contro la chiesa di Scientology, ed indagando la Coleman ha scoperchiato il vaso di pandora Anonymous, che nasce in realtà con intenzioni molto meno serie del previsto, di fatto come gruppo di “troll che dovevano umiliare e molestare bersagli prescelti.”
L’EVOLUZIONE DELL’HACKING
Come spiega Gabriella Coleman nell’intervista: “Anonymous si trasformò da una massiccia presa per i fondelli collettiva a qualcosa di ancor più radicale, un movimento di protesta basato sulla rete ma con una portata globale. Nodi del movimento cominciarono ad apparire ovunque, con attivisti che si cimentavano in una varietà di causa: dalle lotte contro i regimi autoritati a quelle per i diritti ambientali e alle campagne contro la censura di Stato o delle multinazionali.” Il filo conduttore era l’attività degli hacker che aveva compreso come il territorio del web fosse formidabile per sviluppare azioni di protesta che potessero colpire dritte al cuore del potere. Una missione che anche agli occhi di un osservatore esterno poteva apparire come esaltante, ma va sottolineato come la Coleman si sia impegnata molto per mantenere a tutti i costi l’imparzialità che è la dote fondamentale per un antropologo che si rispetti.
LA RIVOLUZIONARIETA’ IN ANONYMOUS
Gabriella Coleman ha compreso come dietro l’anonimato del gruppo ci fosse in realtà un forte potere decisionale: l’aspetto fondante era che la fedeltà cieca alla legge fosse considerata unanimemente nel gruppo regressiva e pericolosa. Dunque il dubbio, un po’ come avveniva per gli zeticisti greci, è il seme dal quale è nato Anonymous, che ha saputo diventare anche indipendente dalle rivelazioni che all’inizio del decennio, tramite Wikileaks, avevano saputo scuotere dalle fondamenta i palazzi del potere. Secondo la Coleman quella di Anonymous: “E’ una pratica rivoluzionaria, visto che la società dipende così tanto dall’individualismo da aver eletto una celebrità slavata e narcisista come presidente.” Eppure in Anonymous conta il collettivo e l’anonimato: “Rivoluzionari sono anche i metodi di lotta: la capacità di esercitare l’hacking per acquisire documenti e innescare fughe di notizie nell’interesse pubblico, una nuova strategia per scoprire e far emergere l’evidenza della corruzione.”