Benedetto XVI è fisicamente indebolito, ma sta bene con la testa, è lucido e vuole essere sempre al corrente di tutto quanto succede nel mondo e nella Chiesa: a parlare è il vescovo egiziano Kyrillos William Samaan, che il 1° ottobre scorso ha detto a Cath.ch (nota rivisita cattolica svizzera). Il vescovo copto-cattolico di Assiut, nell’Alto Egitto, è stato invitato a Roma all’ inizio di settembre 2017 dallo stesso Papa Emerito per chiedergli come vanno le vicende interne alla Chiesa egiziana in un momento di massima tensione dopo i tanti attentati islamisti mossi contro i vertici della chiesa copta, oltre alla continua persecuzione dei cristiani in una terra fino a qualche anno fa tra le più “sicure” per la tentata e spesso riuscita integrazione con religioni diverse. Secondo quanto ha spiegato però il Vescovo Samaan, le condizioni fisiche del Papa emerito sono tutt’altro che positive, confermando le tanti voci che negli ultimi mesi dal Vaticano hanno parlato di un Papa invecchiato e non in perfette condizioni di salute. Addirittura, secondo il monsignore egiziano, Benedetto XVI non sarebbe più in grado di celebrare da solo la Santa Messa tutti i giorni, ed è dunque costretto ad appoggiarsi al segretario personale, mons. Gänswein (tra l’altro anche Prefetto della Casa Pontificia). Dopo l’incontro avuto con il Papa, Mons. Samaan ha partecipato al Circolo Studenti Ratzinger, un gruppo informale di ex alunni dell’allora cardinale prefetto per la Congregazione della Fede: il tema di quest’anno era fissato dal Papa Emerito su “Persecuzione dei cristiani e martirio”, per questo Ratzinger ha voluto incontrare il prelato egiziano anche personalmente prima delle lezioni
AL CORRENTE DI TUTTO E ATTIVO PER RINNOVARE LITURGIA E CHIESA
«Conosce tutto e mi ha chiesto di raccontargli la situazione in Egitto, comprese le nostre relazioni con papa Tawadros II, patriarca della Chiesa copta ortodossa, con l’ Università Al-Azhar e la Fratellanza musulmana», spiega il presule egiziano alla rivista svizzera. Va infatti ricordato che i rapporti tra la massima autorità culturale musulmana e la Chiesa vaticana non è stata granché “perfetta” negli ultimi anni dopo che un violento attentato alla chiesa costa ad Alessandria d’Egitto nel 2011 aveva fatto esclamare proprio Papa Benedetto XVI, «c’è in atto una strategia di violenza nei confronti dei cristiani», provocando l’interruzione dei rapporti del grande imam di Al-Azhar con la Santa Sede. Negli ultimi mesi con la visita di Papa Francesco al Cairo i rapporti sono ricominciati ma la situazione è ancora tutt’altro che risolta e “compiuta”. Un Papa lucido e che vuole ancora capire e informarsi sui problemi gravi esistenti per i cristiani perseguitati nel mondo: non sarà in ottime condizioni fisiche e sicuramente debilitato dall’età (sono ben 91 primavere nel 2018), ma la capacità di fede e di pensiero per la Chiesa di Cristo è tutt’altro che “arrugginita”.
Una prova è la prefazione scritta dallo stesso Ratzinger per l’edizione russa del volume XI dell’Opera Omnia sulla liturgia cattolica: «Nella coscienza degli uomini di oggi le cose di Dio e con ciò la liturgia non appaiono affatto urgenti. C’è urgenza per ogni cosa possibile. La cosa di Dio non sembra mai essere urgente. Ora, si potrebbe affermare che la vita monastica è in ogni caso qualcosa di diverso dalla vita degli uomini nel mondo, e questo è senz’altro giusto. E tuttavia la priorità di Dio che abbiamo dimenticato vale per tutti. Se Dio non è più importante, si spostano i criteri per stabilire quel che è importante. L’uomo, nell’accantonare Dio, sottomette se stesso a delle costrizioni che lo rendono schiavo di forze materiali e che così sono opposte alla sua dignità». Per Benedetto XVI la liturgia non un elemento ornamentale della celebrazione eucaristica, ma un meraviglioso paradigma della stessa vita cristiana: «In una tale situazione divenne sempre più chiaro che l’esistenza della Chiesa vive della giusta celebrazione della liturgia e che la Chiesa è in pericolo quando il primato di Dio non appare più nella liturgia e così nella vita», conclude nella prefazione all’Opera Omnia.