Come il figliol prodigo della più celebre parabola del Vangelo, così sembra sentirsi Angelo, 55enne di Cesano Boscone che dopo una vita lontana da quel primo fascino che era stato il Movimento di Comunione e Liberazione ha deciso di “ritornarvi”. In una lettera pubblicata sulla rivista “Tracce” e riportata anche dal sito di Cl online, Angelo spiega il suo dramma e il suo patire un senso di vuoto e nulla dopo il fascino dell’incontro cristiano iniziale. Durante la Giornata d’inizio anno del Movimento Ecclesiale di Comunione e Liberazione, celebrata sabato 30 settembre ad Assago dal presidente della Fraternità Cl, proprio Don Julian Carron ha letto ampi stralci di quella lettera per provare a spiegare il titolo della Giornta, “All’inizio non fu così”. «Sono stato affascinato dall’esperienza del movimento al liceo da un prete entusiasta. Erano anni importanti fatti di scontri, anche duri e di grandi passioni. Non me ne sono fatta mancare nessuna di circostanza, di avvenimento, di occasione. Ho continuato l’esperienza in università, poi… il nulla. Me ne sono andato. Sono stato per trent’anni lontano, lontano e sempre più arrabbiato verso il movimento e le sue persone, verso le sue scelte e le sue prese di posizione», spiega Angelo nella sua accalorata lettera al Movimento di Cl. Un vuoto, un nulla da quello che invece aveva amato all’inizio: e allora la giusta fuga, ci aggiungiamo noi, perché l’uomo deve rispondere all’esigenza del suo cuore e in quel momento non sentiva quel posto più come casa. Aveva forse bisogno di riconquistarla, anzi di esserne riconquistato, e Angelo lo spiega benissimo subito dopo: «Sono diventato marito e padre di tre splendidi figli. La carriera, i successi non mi sono mancati. Poi un segno, da chi meno ti aspetti, anzi da quell’ex amico con cui negli anni di “militanza” avevo meno legato. Un pretesto per un giudizio dato su un lavoro fatto nella nostra comune parrocchia. Una mail, un invito a prendere una birra insieme e da lì ricominciamo a chiacchierare».

LA CRISI: “L’UOMO NON RIESCE A SALVARSI DA SOLO”

Ma il “nuovo” incontro non è immediato, non è salvifico e non è soprattuto “facile”: Angelo infatti spiega di quanto sguardo pretenzioso ancora era carico dopo 30 anni di lontananza da quel Movimento amato-odiato. «La storia è fatta di incrostazioni, la rabbia ti riempie di quello che sai già. Tu ti ergi a dio, a signore delle cose e a detentore del verbo, ma in questo modo non ti senti mai a casa, sei sempre un cuore inquieto che cerca la pace e non la trova. Tutto deve fare capo a te, alla tua intelligenza, alla tua visione delle cose, ma non sei mai pago, di ciò che hai o che sei. E poi, la vita può succedere che ti si rivolti contro». Succede che il lavoro inizia ad andare malissimo per una scelta che sembrava giusta e poi si rileva il contrario di quanto Angelo credeva: perde tanto, e poi arriva la malattia della moglie a “coronamento” di un periodo nerissimo. «Molto ci crolla addosso. Alzarsi la mattina diventa più duro, e nemmeno le pastigliette “miracolose” degli antidepressivi sembrano avere effetto. Sei sotto il peso delle cose che passano. Cominci a pensare che il bello della vita sia già alle spalle e che non rimanga molto. Adesso non basta più il mio sforzo, la mia performance. Io da solo non riesco a salvarmi, non riesco ad essere forza e sostegno né a me, né a mia moglie, meno ancora a chi ha scelto di lavorare con me». L’uomo da solo non si salva e ha bisogno costante di qualcuno che lo perdoni, ovvero che gli voglia bene sopra tutto e sopra ogni altra cosa: accetta così di “seguire” l’invito di quel suo vecchio amico che lo invita alla vacanza degli “Amici di Zaccheo”.

LA VACANZA E IL BISOGNO DI PERDONO

«Ho 55 anni e tre figli. Di vacanze, Esercizi, tridui, raggi, Scuole di comunità ne ho visti a decine. Se qualcuno mi avesse detto un paio di anni fa che mi sarei trovato in un luogo come Pejo, con delle persone così gli avrei dato… del pazzo. Queste vacanze, come un bel po’ di avvenimenti di questo ultimo periodo, hanno per me il sentore del Miracolo. Sì, proprio con la “M” maiuscola»: nella lettera l’uomo dilaniato da una vita che non lo soddisfaceva più decide di “tornare indietro”, esattamente come quel figlio prodigo di evangelica memoria. «Dio è paziente e non si vendica per i nostri peccati e i nostri sbagli», ha affermato Papa Francesco nell’Angelus di domenica 8 ottobre . «Dio non si vendica! Dio ama, non si vendica, ci aspetta per perdonarci, per abbracciarci. Il cristianesimo non è somma di precetti e norme morali, ma proposta d’amore di Dio all’umanità». Un bisogno di essere perdonati che, ripetiamo, nient’altro significa uno sguardo finalmente amorevole su di sé. «Durante l’assemblea di fine vacanza ho fatto un piccolo intervento in cui, rivolgendomi a mia moglie, le ho detto che da solo io non potevo aiutarla con il suo male, non sarei più riuscito a sostenerla», spiega ancora Angelo nella sua lettera citata anche da Don Carron ad Assago. Non è un racconto “apologetico” e neanche un atto di proselitismo, ma semplicemente una storia di vita: «Arrivati a questo punto la vita si fa semplice, o Cristo ha la lettera minuscola, cioè è il mio dio che piego al mio volere ed alla mia intelligenza e allora ci stiamo solo prendendo in giro; oppure Dio è il Dio della storia e allora tutto cambia. Noi non siamo tornati perché abbiamo deciso di farlo o perché siamo bravi. Siamo tornati perché Qualcuno ci ha rivoluti a casa». Un ritorno a casa dopo 30anni non per “scelta” imposta, ma per un amore ricevuto di nuovo dopo così tanto tempo, tanto che Angelo ora spiega che «basta avere “occhi per guardare”, come mi diceva padre Bernardo: “Quando ti alzi al mattino e non ti ricordi di Dio, ma solo dei tuoi problemi, forse dovresti respirare perché non devi cercarlo. È Lui che ti ha trovato e che è lì con te, perché Lui non ti molla mai”».