Sentenze pilotate e giustizia malata a Bari: la testimonianza di un giudice fa discutere, per la precisione quella dell’ex giudice tributario Oronzo Quintavalle, che come riporta “La Repubblica” avrebbe ricevuto regalie di vario tipo, dal denaro contante fino a cesti di frutti di mare, per pilotare alcune sentenze. Il processo è stato ribattezzato Gibbanza ed ha coinvolto ben 23 persone fra giudici, commercialisti, avvocati, funzionari delle commissioni tributarie e imprenditori che ruotano attorno a tribunale di Bari. Le accuse (relativamente ai fatti avvenuti tra il 2008 ed il 2010, quando Quintavalle era a capo della commissione tributaria della Puglia), mosse dal pm Isabella Ginefra, sono molto pesanti: reati di corruzione in atti giudiziari, falso, rivelazione del segreto d’ufficio, infedele dichiarazione dei redditi, riciclaggio, favoreggiamento, abuso d’ufficio, truffa, millantato credito e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. 



LA TESTIMONIANZA DI QUINTAVALLE

Molto grave la confessioni di Quintavalle, che in aula ha spiegato chiaramente come il sistema si fosse sviluppato: “Riuscivo a pilotare le assegnazioni dei fascicoli rivolgendomi ai segretari delle commissioni, dando loro compensi fra i 500 e i 1.500 euro per ogni procedimento”. Compensi che come detto non sempre erano corrisposti cash, ma anche con prodotti tipici, rendendo la situazione a volte particolarmente paradossale. Queste regalie erano corrisposte dagli imprenditori alla tributaria per riuscire a pilotare l’assegnazione dei fascicoli e “aggiustare” gli accertamenti riguardo irregolarità contabili-amministrative rilevate da controlli fiscali nelle loro aziende. Il ministero dell’Economia e delle finanze, l’Agenzia delle entrate ed Equitalia, si sono costituiti parte civile nel processo nei confronti di Quintavalle e nei confronti di quelli che hanno creato, all’interno degli uffici del tribunale di Bari, un articolato sistema di corrotti e corruttori.



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