Si chiama Riccardo Vannozzi e si può definire un top player della chirurgia. Il suo ruolo è quello di direttore dell’unità operativa di neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa (policlinico di Cisanello), eppure puntualmente gli arrivano richieste importanti, dall’Italia e dall’estero, che continua a rifiutare soltanto perché crede nel cosidetto “modello Toscana”. Eppure, come ha avuto modo di spiegare a Il Tirreno, c’è il rischio che la sanità regionale subisca un calo in termini di qualità, se i criteri di valutazione non verranno cambiati:”Voglio continuare a crederci, ma penso di poter dire che non siamo sulla strada giusta. Nel modo più assoluto. C’è da invertire la tendenza. E alla svelta. In realtà non è passato molto tempo da quando, una decina d’anni fa, “Le Monde” indicò il modello toscano della sanità come il migliore in Europa insieme a quello francese. Nella sostanza, però, sembrano passati anni luce. Perché la logica secondo cui la collaborazione tra le nuove Aziende sanitarie di area vasta e le Aziende ospedaliere per una ripartizione e un equilibrio territoriali delle professionalità e delle specializzazioni era sì azzeccata e funzionale, ma ora si sta sgretolando. Deve essere rilanciata come la nostra bussola quotidiana, altrimenti si rischia di azzerare tutti i successi collezionati. I due maxi soggetti in questione devono tornare a parlarsi e a programmare insieme. Deve esistere un grande organismo diffuso sul territorio, che collabora in rete attraverso i suoi diversi plessi e operatori di riferimento“.



LA GUERRA TRA MEDICI

Il messaggio di Vannozzi è il seguente: va bene la competitività tra strutture sanitarie e medici, ma a patto che il criterio sia la qualità degli interventi, non la quantità. Il rischio concreto, infatti, è che i pazienti vengano sempre più sottoposti ad operazioni non necessarie. Soltanto per incrementare le entrate degli ospedali:”La competizione in sanità deve esaltare la creazione chirurgica. Non la quantità. Non è questa che deve e può contare. (…) La verità è che in questo modo, ragionando così, si rischia di operare anche chi non va operato, chi può evitare di andare sotto i ferri. Io sono un chirurgo, ma sono anche per contenere l’attività chirurgica, ovviamente nei limiti del possibile e del lecito. Perché certi risultati si possono, in taluni casi, raggiungere benissimo anche senza la sala operatoria. Un conto è avere nella disponibilità attrezzature risalenti al 1994, un altro conto è averne del 2016 o del 2017. E a Cisanello, per fortuna, per combattere contro neoplasie e aneurismi posso contare su un’attrezzata neuroradiologia, su angiografi di ultima generazione e sulla risonanza magnetica a 7 tesla. Stesso discorso, ad esempio, per il centro di senologia che ci viene invidiato da tutta Europa“.



LE ATTREZZATURE

E se la meritocrazia non viene applicata nella sanità, il problema è di tutti. Perché bravi chirurghi come Vannozzi hanno necessità di macchinari all’avanguardia per curare pazienti con patologie complicate. Il medico pisano è ancora una volta chiarissimo nel suo colloquio con Il Tirrento:”Un conto è avere nella disponibilità attrezzature risalenti al 1994, un altro conto è averne del 2016 o del 2017. E a Cisanello, per fortuna, per combattere contro neoplasie e aneurismi posso contare su un’attrezzata neuroradiologia, su angiografi di ultima generazione e sulla risonanza magnetica a 7 tesla. Stesso discorso, ad esempio, per il centro di senologia che ci viene invidiato da tutta Europa“. Presto Vannozzi farà debuttare in sala operatoria un laboratorio di genetica molecolare, perché “non è assolutamente vero che i tumori sono tutti uguali. Ogni persona ha il suo tumore, che è diverso da tutti gli altri. Studiandolo, cerchiamo anche d’individuare la sua più o meno spiccata sensibilità rispetto alle varie terapie“. Averne, di medici così.

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