«Chi ha fede muove le montagne; chi ha fede fa proseliti; chi ha fede vince le battaglie»: lo diceva Don Luigi Sturzo nel celebre discorso di Torino, del 20 dicembre 1922. Una battaglia buona, come quella intrapresa vent’anni fa dal Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo che spinse per chiedere alla Chiesa di valutare la possibilità di una beatificazione e canonizzazione dello storico prete e fondatore del Partito Popolare Italiano. Oggi arriva la notizia ufficiale che domani a Roma, il Vicariato concluderò la fase diocesana per il Servo di Dio Don Sturzo; questo significa che si apre ancora di più il cammino verso la causa di beatificazione, dato che il prossimo passo sarà il via libera al vaglio della Congregazione delle cause dei santi, per un ulteriore studio e analisi da parte di teologi, vescovi e cardinali. Domani al Palazzo Apostolico Lateranense (sede del Vicariato di Roma, ndr) si terrà l’ultima fase di una lunga vicenda diocesana che ha portato il prete ed educatore del XX°secolo ad essere vagliato nella sua attività decisiva e storica all’interno della Chiesa Cattolica, oltre che nella politica pre e post Guerre Mondiali. «In questi quindici anni il Tribunale ha ascoltato i racconti e i ricordi di ben 154 testimoni sparsi in Italia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, nazioni nelle quali il sacerdote siciliano visse e operò. Ne sono scaturiti 50 volumi. Passati al vaglio anche gli scritti, gli interventi e i discorsi del sacerdote. La conclusione di questo lavoro si concretizza nel via libera a livello diocesano per la causa di beatificazione, che, dopo la cerimonia di domani mattina, passerà al vaglio della Congregazione delle cause dei santi», riporta l’Avvenire anticipando la decisione ultima che arriverà domani in Vicariato.
DAI PAPI ALLA POLITICA: “HA MODERNIZZATO L’ITALIA”
Don Luigi Sturzo, assieme ad Alcide De Gasperi, ha rappresentato forse il punto più alto della politica cattolica nel Novecento italiano permettendo una tessitura continua di lavoro sociale per rendere unito un Paese che non lo era per niente, specie negli anni tra le Guerre Mondiali. Ostinato, forte e grande oratore, si considerava a buon ragione un sacerdote e non un politico, celebre la sua risposta a chi gli chiedeva perché non aveva chiamato partito cattolico il suo Ppi: «È superfluo dire perché non ci siamo chiamati Partito cattolico: i due termini sono antitetici; il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione». Ebbe un notevole rapporto con i Papi che si succedettero in Vaticano e che ebbero a che vedere con questo straordinario testimone “pubblico” della Dottrina Sociale della Chiesa: Pio XII gli concesse il benestare perché accettasse la nomina a senatore a vita; Pio X invece gli concesse a suo tempo la dispensa per assumere l’incarico di pro-sindaco di Caltagirone. «La Chiesa lo ringrazia per l’esempio di preclare virtù sacerdotali» disse Papa Giovanni XXIII parlando di don Sturzo, mentre anche più di recente è stato ricordato come «un esempio luminoso e testimone di amore, di libertà e di servizio al popolo» da Papa Benedetto XVI. Un uomo dunque tutt’altro che impegnato nella mera politica, si definiva sempre così, «Io sono un sacerdote, non un politico» e la sua vita lo testimonia fino al punto in cui il decorso verso la Beatificazione viaggia ben spedito. Dopo la conclusione della fase diocesana, commenta così il presidente dell’Istituto Luigi Sturzo, Nicola Antonetti: «Don Sturzo è stato uno degli autori del processo di modernizzazione del Paese. Dopo l’esilio a Londra è stato un politico importante, un prete che ha fatto i conti con l’essere uomo politico che si è rilevato un dramma profondo, riscontrabile nei carteggi con il fratello Mario, anch’egli sacerdote e poi monsignore. Questa sua spiritualità lo ha accompagnato per tutta la vita».