Anoressia e bulimia sono malattie che attanagliano migliaia di persone, spesso giovanissime. Avere amiche o alunne che ne hanno sofferto non fa certo di me un’esperta in materia e forse proprio per questo mi ha colpito moltissimo scoprire che esistono in Italia 300mila siti “pro Ana”, come quello tenuto da una 19enne e chiuso dalla procura di Ivrea, in cui si inneggia all’anoressia e ai quali accedono migliaia e migliaia di ragazzine.



Perché giovani ragazze di 14 o 15 anni si incollano a siti del genere? Chi si lascia irretire dai tentacoli della propaganda anoressica in fondo che cosa cerca? 

Ciò che cerchiamo tutti. Qualcuno che possa dire loro: “Tu vali!”. 

Spesso però sentono che questo loro valore è legato ad una prestazione, a qualcosa che sanno fare o che possiedono: valgono come figlie se rispondono alle attese dei genitori; valgono come studentesse se prendono buoni voti e non creano problemi in aula; valgono come sportive se sono leader nella squadra o raggiungono ottimi risultati da sole; valgono come fidanzate se sono pronte a soddisfare i capricci e gli interessi del ragazzo di turno; valgono come amiche se sono abbastanza popolari, belle, vestite alla moda o comunque quanto più possibile simili al gruppo dei pari che le circonda.



Esiste ancora qualche adulto che testimoni loro con la vita che invece il valore di sé non sta in quel che sanno, sanno fare o possono mostrare? Esistono ancora dei “grandi” certi che il valore di sé consiste semplicemente nell’esserci, nell’avere la vita, nel fatto di essere al mondo perché Qualcuno ci vuole in questo istante e che la nostra consistenza non sta nei soldi che si possiedono, nei follower sui social, nella fama e nel successo che altri ci riconoscono? 

Perché le nostre ragazze solo di questo hanno bisogno: vedere adulti lieti e certi, maestri da poter seguire per imparare a gustare la vita.



Bisogna essere grati alla madre che ha denunciato, alle forze dell’ordine che hanno bloccato il blog, a chi costantemente si prende cura delle giovanissime vittime dell’anoressia. Guardare in faccia il problema però non è compito solo di chi è implicato nella prevenzione e nella cura, ma di ciascun adulto, perché la diciannovenne che gestiva il sito ha fatto quello che spesso vede fare innanzitutto a noi: trasformare ciò che di sbagliato commettiamo in una pratica diffusa e condivisa affinché non ci si debba mettere in discussione, non si debba cambiare vita né rovesciare equilibri consolidati.