Le parole della presidente di Myanmar Aung San Suu Kyi ha rivolto un lungo e accorato discorso davanti al Pontefice poco prima delle 12 (ore italiane), non nascondendo i problemi e – anche se non citandoli direttamente – ha trattato lo spinoso caso dei Rohingya. «Il mio governo è impegnato per proteggere i diritti, promuovere la tolleranza, garantire la sicurezza per tutti, portando avanti quel processo di pace che Lei oggi ci ricorda», analizza la presidente, in alcuni passaggi anche quasi commossa per la grande importanza del momento. «Tra le molte sfide che il nostro governo ha dovuto affrontare, la situazione nel Rakhine ha catturato più fortemente l’attenzione del mondo. Mentre affrontiamo questioni di lunga data, sociali, economiche e politiche, che hanno eroso la fiducia e la comprensione, l’armonia e la cooperazione, tra le diverse comunità di Rakhine, il sostegno della nostra gente e dei buoni amici che desiderano vederci solo nei nostri sforzi, è stato inestimabile. Santità, i doni di compassione e di incoraggiamento che Lei ci porta saranno apprezzatie prendiamo a cuore le Sue parole nel messaggio per la cinquantesima Giornata mondiale della pace, il 1° gennaio 2017».



LE COMUNITÀ RELIGIOSE

Tra i vari temi invece toccati dal Papa, quelli delle comunità religiose sono particolarmente importanti per capire anche il livello della sfida futura in Myanmar: «Nel grande lavoro della riconciliazione e dell’integrazione nazionale, le comunità religiose del Myanmar hanno un ruolo privilegiato da svolgere. Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e diffidenza, ma piuttosto una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese. Le religioni possono svolgere un ruolo significativo nella guarigione delle ferite emotive, spirituali e psicologiche di quanti hanno sofferto negli anni di conflitto. Attingendo ai valori profondamente radicati, essepossono aiutare ad estirpare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, ricercare la giustizia ed essere voce profetica per quanti soffrono. È un grande segno di speranza che i leader delle varie tradizioni religiose di questo Paese si stiano impegnando a lavorare insieme, con spirito di armonia e rispetto reciproco, per la pace, per soccorrere i poveri e per educare agli autentici valori religiosi e umani». ECCO IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVENTO DI PAPA FRANCESCO



IL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO

Era molto atteso il discorso di Papa Francesco davanti alla Presidente birmana, e di certo non sono mancate le “staffilate”, anche se moderate nei modi, sull’enorme focolaio aperto in Myanmar sui Rohingya. «Il futuro del Myanmar dev’essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo – nessuno escluso – di offrire il suo legittimo contributo al bene comune». La parola “vietata” non è stata pronunciata, ma il riferimento è chiarissimo e senza appello: il rispetto di tutti va sottolineato, e non solo. Come riporta Don Antonio Spadaro (Direttore della Civiltà Cattolica e presente a tutti i viaggi di Francesco), il Papa ha spiegato che le comunità religiose del Myanmar hanno un ruolo privilegiato da svolgere. «Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e di diffidenza, ma  piuttosto una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese». Un perdono che vince e non un odio che si impone: parole pesanti e importanti davanti alla leader birmana per un Pontefice impegnato in un difficile e delicatissimo viaggio in Asia. (agg. di Niccolò Magnani)



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IL PAPA AI RAPPRESENTANTI RELIGIOSI BIRMANI

Il Papa è finalmente arrivato all’incontro con la presidente del Myanmar, Aung San Suu Kyi in quello che è probabilmente uno dei momenti più delicati, anche a livello storico, per questo vertice. Un Pontefice e un Premio Nobel, ma soprattutto una leader prima osannata e ora in piena bufera per la repressione della minoranza musulmana dei rohingya. In attesa di sapere cosa si sono detti i due leader mondiali (l’incontro infatti è strettamente privato e lontano dalle telecamere), nel libro degli ospiti al Palazzo Presidenziale di Nay Pyi Taw (nuova capitale dell’ex Birmania, ndr) Papa Bergoglio ha scritto «Sull’amato popolo del Myanmar invoco la divina benedizione di giustzia, pace e unità». Questa mattina, attorno alle ore 10, il Papa ha invece incontrato i diversi esponenti religiosi (17 rappresentanti) del Myanmar, dai cattolici a musulmani, passando per buddisti, hindu, ebrei e i vari cristiani protestanti ed evangelici. «Siamo fratelli, ha aggiunto Francesco, uno è il padre e non dobbiamo avere paura delle differenze. Ognuno ha i suoi valori e la sua ricchezza e le sue mancanze. lo stesso vale per le religioni. Unità non è uniformità, piuttosto una armonia. invece la tendenza attuale verso la uniformità è una colonizzazione culturale. Tra le differenze etniche e religiose serve il dialogo». (agg. di Niccolò Magnani)

UN TELEGRAMMA PER L’ITALIA

Papa Francesco è appena partito per il Myanmar lasciando l’Italia, ma ha già lasciato un telegramma per la nostra Nazione. Non è di certo una novità quella che il nostro Paese sia in crisi, una crisi nera che abbraccia più ambiti. La disoccupazione sale ogni giorno di più e la povertà è diventata uno spettro sempre più concreto, un serio problema che affligge tantissime persone. Per questo motivo il Papa ha deciso di scrivere un telegramma toccante, come riporta il sito dell’Ansa.it: “Questo telegramma è per l’intero popolo italiano, affinché possa guardare al futuro con speranza e gioia affinché si possa costruire il bene comune per tutti i cittadini.’ Parole di speranza, dunque, quelle di Francesco, che spingono gli italiani ad essere sempre positivi per il futuro che li aspetta, magari stringendo i denti come possono. La religione, in questo senso, aiuta certamente ad avere speranza e a guardare al futuro con rinnovata passione, anche se le situazioni reali non sembrano ispirare molta fiducia. In fin dei conti, la fede è anche questo: riuscire a vedere cose che non si vedono. (agg. Francesco Agostini)

LA PAROLA PROIBITA

Papa Francesco è arrivato in Myanmar: questa mattina è atterrato nella capitale Yangon dopo circa 10 ore di volo. Al suo arrivo è stato accolto da un ministro del presidente della Repubblica Htin Kyaw, dai vescovi birmani e da un centinaio di bambini e gruppi etnici in abiti tradizionali. Tantissimi i fedeli ad attenderlo fuori dall’aeroporto in quello che è un evento storico per il Myanmar: si tratta della prima visita di un pontefice qui. Su ciò che dirà il papa pende un particolare divieto: non può pronunciare la parola “rohingya”, la minoranza cacciata dal governo e che si è rifugiata in Bangladesh. Domani è previsto il faccia a faccia con Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace oggi consigliera di Stato e ministro degli Esteri, criticata duramente per non aver preso posizione contro la persecuzione dei rohingya. La visita di papa Francesco serve anche a dare un segnale di unità ad una popolazione che attraversa un momento drammatico: l’esodo dei profughi rohingya è un’emergenza umanitaria. Ora, dunque, tutti aspettando di scoprire se il Santo Padre pronuncerà o meno la parola rohingya”, visto che i vescovi birmani gli hanno chiesto di non farla mai durante la visita.

PAPA FRANCESCO IN MYANMAR “VICINO A POVERI ED EMARGINATI”

Tutti in Myanmar nutrono grandi aspettative per la visita di papa Francesco. Il pontefice è arrivato soprattutto “per essere vicino a poveri ed emarginati” e per incontrare i leader delle altre religioni e quanti stanno lavorando per la pace. Oggi l’unico impegno è stato l’incontro in forma privata con il generale Min Aung Hlaing, capo dell’esercito, nell’ambito di una “politica” di riconciliazione nazionale che coinvolga anche i militari fino a poco tempo fa al potere. “Si è parlato della grande responsabilità delle autorità del paese in questo momento di transizione”, ha riferito il portavoce vaticano Greg Burke. Il resto della giornata sarà dedicato al riposo, anche per consentire al Papa di recuperare le energie dopo il lungo viaggio in notturna. Prima della tappa del suo 21esimo viaggio internazionale Francesco ha salutato i giornalisti. “Buonanotte, e grazie tante per la compagnia”, così si è rivolto il Santo Padre ai 50 giornalisti che lo accompagnano nel viaggio in Myanmar e Bangladesh. “Grazie per il vostro lavoro che sempre semina tanto bene. Vi auguro buon lavoro. Dicono che è troppo caldo. Almeno sia fruttuoso”, ha detto loro prima di salutarli ad uno ad uno dopo il decollo da Fiumicino.

Foto: da Avvenire