Ritratta come una terra idilliaca, benché freddissima, immaginata come il paese da cui parte ogni anno Babbo Natale, la Lapponia, nella parte appartenente alla Norvegia, si è rivelata invece la terra dell’orrore. Dopo una denuncia apparsa in un reportage pubblicato da un quotidiano locale nel 2016, è venuta alla luce una situazione inimmaginabile tra la popolazione che una volta si definivano lapponi, oggi Sami, comunque la popolazione che da sempre vive in queste terre del nord. Inizialmente si era parlato di undici casi di donne stuprate a Tysfjord, una cittadina di 2mila abitanti a nord del circolo artico. Da quando le forze di polizia hanno cominciato a occuparsi del caso, sono venuti alla luce 82 vittime di violenze e e abusi sessuali, persone comprese fra i 4 e 75 anni di età, e 92 persone sospette di aver perpretato le violenze. Tra i violentatori anche tre donne. Al momento due persone sono ufficialmente accusate di dieci casi di stupro.



E non si tratterebbe di un fenomeno recente: alcuni casi risalgono addirittura al 1953 e più di 100 su un totale di 152 sarebbero ormai caduti in prescrizione per limiti di tempo. La maggior parte delle persone di questa comunità fa parte di un gruppo religioso di origine luterana fondato nell’800 dal pastore e botanico svedese Lars Levi Læstadius, ma la polizia rifiuta l’accusa che le violenze siano avvenute per motivi religiosi, anche se fino a oggi l’omertà è stata la regola. Sotto accusa anche le autorità norvegesi che fino a oggi hanno ignorato quanto avveniva nel villaggio. Gli apparteneti alla popolazione Sami sono attualmente circa 60mila, ma è difficile fare un conteggio esatto perché molti di loro sono nomadi e si spostano continuamente. Certamente la notizia fa calare un’ombra su un popolo considerato, come spesso accade cone le popolazioni indigene, gente felice in quanto isolata dal mondo moderno, il famoso e ancora perseguito mito del “buon selvaggio”, che invece nasconde realtà orribili.

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