Dopo 16 anni dall’omicidio di Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera uccisa il 19 novembre 2001 in Afghanistan insieme ad altri tre reporter, finalmente è giunta l’attesa sentenza di condanna. A processo di fronte alla Prima Corte d’Assise di Roma accusati del delitto della cronista c’erano i due afghani Mamur e Zar Jan, i quali sono stati condannati nella giornata odierna a 24 anni di carcere, dopo essere già stati condannati in Afghanistan a 16 e 18 anni di reclusione ed attualmente detenuti. Lo scorso 9 novembre, la Procura di Roma tramite il pubblico ministero Nadia Plastina aveva chiesto ai due imputati la condanna a 30 anni di carcere per i reati di concorso in rapina e di concorso in omicidio. Nell’ambito della sua requisitoria, come riporta La Stampa, il pm aveva ricordato gli anni trascorsi dalla morte di Maria Grazia Cutuli, sottolineando al tempo stesso la forte volontà dello Stato Italiano di procedere all’individuazione dei veri responsabili di un fatto gravissimo per il quale sia la famiglia che lo Stato auspicavano nella piena giustizia. Rivolgendosi poi ai due imputati aveva chiosato: “Al di là di ogni ragionevole dubbio sono da considerare i responsabili di un fatto compiuto con ferocia, violenza e barbarie”.
SODDISFAZIONE DEI LEGALI DELLA FAMIGLIA CUTULI E DI RCS
Dopo anni di estreme difficoltà nel compimento delle indagini, finalmente è giunta oggi la sentenza di condanna per l’omicidio della valorosa giornalista del Corriere. Immensa la soddisfazione da parte dell’avvocato Paola Tullier, legale della famiglia Cutuli, che ai giornalisti ha commentato: “Si è finalmente dato valore al lavoro svolto da una giornalista italiana che ha rappresentato l’Italia all’estero portando avanti il diritto all’informazione per il suo Paese”. L’avvocato ha accolto molto positivamente l’esito della sentenza ribadendo anche “l’importante lavoro dalla Digos, dai Servizi segreti afghani, dall’Ambasciata italiana a Kabul e dalla procura di Roma”. Quanto avvenuto a Maria Grazia Cutuli è stato definito da Tullier “un delitto politico e orribile”. Ad intervenire al termine della sentenza anche la legale di Rcs, avvocato Caterina Malavenda, la quale ha chiosato: “Avere una sentenza in Italia non restituisce Maria Grazia alla famiglia, ma è di conforto per i parenti perché almeno sanno che lo Stato c’è e ha fatto il suo dovere”.