Come avevano annunciato dopo l’arrivo della sentenza di condanna all’ergastolo in Appello, i legali di Massimo Bossetti, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno depositato questa mattina presso il Tribunale di Como il ricorso in Cassazione. La difesa del muratore di Mapello considerato dai giudici di Brescia e prima ancora da quelli di Bergamo l’autore dell’atroce delitto di Yara Gambirasio non si arrende e contesta ancora una volta la sentenza emessa al termine del secondo grado contro il proprio assistito. Un verdetto impietoso e che confermerebbe quanto già emerso al termine del lungo primo grado, con il carcere a vita a carico di Massimo Bossetti. La nuova sentenza era giunta lo scorso luglio ed aveva rappresentato l’ennesima doccia fredda per l’uomo che, in questi anni, non ha mai smesso di ribadire la propria innocenza rispetto alle gravissime accuse. Ora, dunque, arriva il ricorso in Cassazione e questo rappresenta anche l’ultima speranza per Bossetti prima della terza condanna che potrebbe rivelarsi definitiva e che potrebbe confermare per la terza volta la linea fino ad ora seguita nel giudicare l’imputato accusato dell’uccisione della 13enne di Brembate avvenuta il 26 novembre di sette anni fa.
I NODI DEL RICORSO: DAL DNA AL FURGONE
L’avvocato Claudio Salvagni, come riporta L’Unione Sarda, ha spiegato quali saranno ancora una volta i punti centrali del loro ricorso in Cassazione rispetto alla sentenza di secondo grado che ha condannato all’ergastolo Massimo Bossetti. “Abbiamo presentato un ricorso di 595 pagine, in cui il nodo principale resta il Dna”, ha detto. Non cambia di una virgola, dunque, l’impianto della difesa che mira a dimostrare le anomalie legate al Dna di “Ignoto 1” rinvenuto sulla vittima e secondo l’accusa appartenente a Massimo Bossetti. “È una sentenza sbagliata che non ha senso scientifico, che arriva a una conclusione ma senza avere gli elementi per emetterla”, ha aggiunto Salvagni. Ad essere contestata maggiormente è stata soprattutto la mancata possibilità per l’imputato – sempre a detta dei suoi legali – di difendersi in ogni tappa del procedimento nei suoi confronti, “dalla perizia al mancato accesso ai reperti”. Ma nel ricorso c’è spazio anche per altri elementi che potrebbero essere oggetto di nuovo dibattito in Cassazione: “i dati sulle celle telefoniche, sulle fibre trovate sul corpo della vittima, sul passaggio del furgone ripreso dalle telecamere: è una sentenza completamente fuori strada”, ha aggiunto l’avvocato. Dopo la seconda condanna all’ergastolo, confermata anche in Cassazione, per Massimo Bossetti, in carcere dal giugno 2014, sta per arrivare la sua ultima carta da giocarsi in aula prima del terzo grado di giudizio. Fino ad allora resterà ancora solo il presunto assassino di Yara Gambirasio.