«Costruite la pace e non lasciatevi rendere uguali dalla colonizzazione culturale»: l’invito di Papa Francesco tenuto nell’incontro con i vari rappresentati religiosi del Myanmar – dove Bergoglio è in viaggio apostolico prima di recarsi in Bangladesh – è di quelli importanti perché ribadisce da un lato la necessaria urgenza della pace per tutti, ma dall’altro lancia un evidente richiamo a quella tendenza di “uniformare” tutto come unico modo per poter andare d’accordo. «Se discutiamo, discutiamo da fratelli», introduce il Pontefice davanti al vescovo cattolico Hohn Hsane Hgyi, ma anche al rappresentate musulmano, ebreo, hindu, buddista e cristiano anglicano. Un discorso di 40 minuti, accorato, a braccio e tutto teso a rilanciare il tema della verità e della pace in un Paese che è anni luce dall’aver risolto i suoi problemi sociali. «Che bello vedere i fratelli uniti. Uniti non vuol dire uguali. L’unità non è uniformità, anche dentro la stessa confessione. Ognuno ha i propri valori, le proprie ricchezze, e anche le proprie mancanze. Tutti siamo diversi e ogni confessione ha le proprie ricchezze, le proprie tradizioni, ricchezze da offrire, da condividere. E questo soltanto può essere se viviamo in pace. E la pace si costruisce con il coro delle differenze».



LA COLONIZZAZIONE CULTURALE CHE RENDE UGUALI UCCIDE L’UMANITÀ

Nel corso dell’incontro avuto sempre con tutti i rappresentanti religiosi, il Pontefice ha calcato ancora la mano spiegando meglio il “concetto” di armonia: «L’unità sempre si fa con le differenze. Per tre volte, uno di voi ha usato la parola armonia. Questa è la pace: l’armonia, l’armonia. Noi, in questo tempo in cui dobbiamo vivere, sperimentiamo una tendenza mondiale verso l’uniformità, fare tutto uguale». Una armonia complessa, difficile e tormentata, ma senza la quale non è possibile stabilire un contatto, un tradizione condivisa, una pace reale con il rispetto delle differenze esistenti in tutti. Portare tutto verso l’uniformità (culturale, sessuale, di diritti e di doveri) «è uccidere l’umanità, Questa è una colonizzazione culturale. E noi dobbiamo capire la ricchezza delle nostre differenze (etniche, religiose, popolari), e da queste differenze sorge il dialogo», spiega ancora Bergoglio davanti ai rappresentanti religiosi. L’invito al Myanmar unito e non più trucidato al suo interno dalle differenze religiose è molto forte, come abbiamo sentito ieri anche nel discorso tenuto davanti alla presidente Auns San Suu Kyi. «Non abbiamo paura delle differenze. Uno è il nostro Padre. Noi siamo fratelli. Vogliamoci come fratelli. E, se discutiamo tra di noi, facciamolo da fratelli. Vogliamoci come fratelli. Io credo che soltanto così si costruisce la pace».

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