Si parla già di svolta nel giallo di Denis Bergamini, ex calciatore del Cosenza Calcio, morto a 27 anni il 18 novembre 1989 lungo la Statale 106 Jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Sin da subito la morte dello sportivo fu archiviata come “suicidio” ma solo a distanza di 28 anni potrebbe finalmente giungere l’attesa verità su quanto accadde realmente su quella strada a pochi chilometri da Cosenza. Ad occuparsi del caso sarà stasera la trasmissione Quarto Grado che torna ad interrogarsi sulla fine di Bergamini riproponendo tutti i dubbi della famiglia, a partire dalla sorella Donata, che non ha mai voluto credere all’ipotesi avanzata dagli inquirenti. A smentire ora quella versione rimasta inalterata per quasi tre decenni è stata una superperizia medico-legale compiuta sulla salma del calciatore, riesumata il 10 luglio scorso dopo la riapertura delle indagini. Ebbene, da quei risultati verrebbe meno l’ipotesi secondo la quale Denis si sarebbe gettato volontariamente sotto un camion in transito. Il 27enne, infatti, sarebbe morto per soffocamento. E’ questo che emerge dai risultati della perizia eseguita attraverso accertamenti sofisticati e tac tridimensionali sui resti dell’uomo. Una svolta importantissima che rafforzerebbe la tesi della Procura fermamente convinta che il giocatore sia stato ucciso. Ad oggi sono indagati la ex fidanzata della vittima, Isabella Internò e l’autista del camion Raffaele Pisano. Le accuse a loro carico sono gravissime poiché si parla di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili e abbietti motivi e dalle sevizie, in concorso. Quale ruolo avrebbero avuto nella morte della promessa del calcio italiano? E soprattutto, c’è davvero un (o più) assassino a piede libero a distanza di quasi 30 anni da quel drammatico episodio?
LA RABBIA DELLA SORELLA DONATA
A gettare non poche ombre sulle versioni dei due nomi iscritti nel registro degli indagati non sarebbe solo la famiglia Bergamini, certa che Denis non si fosse potuto togliere la vita. Nel 2010, come rivela il settimanale Giallo, il professor Francesco Maria Avato eseguì sul corpo del calciatore del Cosenza una perizia dalla quale emerse “una certa sofferenza polmonare oltre a una certa sofferenza miocardica”. Il caso fu riaperto nel 2011 con due ulteriori pareri da parte di altrettanti esperti che mettevano in dubbio la morte di Bergamini avvenuta in seguito all’impatto col mezzo. Fu, invece ipotizzata una morte precedente a ciò. Quelle ipotesi acquistano oggi una maggiore importanza alla luce dei risultati della superperizia eseguita sulla salma dello sportivo. In seguito alla nuova e importante svolta è intervenuta anche la sorella della vittima, Donata Bergamini, la quale al quotidiano La Repubblica ha commentato, speranzosa: “I nuovi esami si sono rivelati fondamentali, troppi elementi smentivano il suicidio e ora, dopo 30 anni, ho fiducia nella giustizia”. Nonostante questo non manca la sua rabbia per via dei tempi che si è dovuti attendere prima di giungere a questo: “Prima della seconda archiviazione avevamo chiesto queste analisi”, dice. Con la svolta di oggi si arriva anche alla prima vittoria per la famiglia che non ha mai voluto credere alla tesi del suicidio. La sorella di Bergamini ha però aggiunto: “Ufficialmente non ci è stato comunicato nulla”. Il prossimo 29 novembre ci sarà un incontro con il gip di Castrovillari, “ma ho tanta rabbia dentro, perché i nuovi esami si sono rivelati fondamentali e ne avevamo fatto richiesta prima della seconda archiviazione per suicidio”, ha aggiunto. Ora la terza inchiesta sulla morte del calciatore riparte con nuovi e solidi spunti investigativi che potrebbero finalmente portare alla soluzione del giallo.