Il giallo di Marco Vannini, il 20enne di Ladispoli morto a casa della fidanzata Martina Ciontoli il 18 maggio 2015, potrebbe presto vivere un punto di svolta. Mentre proseguono le udienze del processo che vedono sul banco degli imputati tutta la famiglia Ciontoli – dal capofamiglia Antonio alla stessa Martina, passando per la madre Maria e finendo all’altro figlio Federico con la fidanzata Viola – ecco che l’arrivo di una superperizia potrebbe dare risposta al quesito che ancora assilla i genitori della vittima: Marco poteva essere salvato? Se ne parlerà anche nella puntata di oggi di Quarto Grado-La Domenica, il programma di Gianluigi Nuzzi che torna sulla prima serata di Rete Quattro, che avrà come obiettivo quello di ricostruire le fasi immediatamente successive al colpo di pistola costato la vita al Vannini. Gran parte del mistero ruota infatti attorno alla telefonata al 118 successivamente annullata per “eccessivo allarmismo” da parte dei Ciontoli. Quei soccorsi avrebbero potuto salvare Marco? A pronunciarsi, a breve, sarà la scienza. 



MARCO VANNINI, LA VERSIONE DI ANTONIO CIONTOLI

Inutile sottolineare come le parole più attese nel processo per la morte di Marco Vannini siano state quelle di Antonio Ciontoli, il papà della fidanzata della vittima, che avrebbe premuto il grilletto della pistola da cui è partito il colpo risultato fatale a Marco. Questi alcuni dei passaggi più significativi ricostruiti in aula dal sottufficiale della Marina, riportati da terzobinario.it:”Dopo cena erano tutti su, ero in camera e mi sono ricordato delle armi. In bagno c’era Marco, ho bussato e sono entrato. Marco era nella vasca e Martina vicino al lavandino. C’era rapporto intimo, era capitato altre volte si entrasse, non c’era imbarazzo. Volevo togliere le armi. Martina è uscita, io stavo facendo lo stesso ma Marco ha visto il marsupio dove tenevo le armi. Gliene avevo regalato uno uguale. L’ha visto e mi ha chiesto di vederle. Ho detto no, poi ha insistito e ho detto sì. Ho lasciato il marsupio a terra e abbiamo giocato un po’. A Marco non gliel’ho fatta prendere“. Ecco il momento dello sparo: Antonio sostiene di essere stato certo che la pistola fosse scarica e di aver sparato per scherzo:”Non sono un esperto, ho sparato solo due volte. Istintivamente ho sparato, sarà durato un secondo“. Di quel gesto, in aula, Antonio ha detto di essere amaramente pentito:”Sono cosciente della stupidaggine che ho fatto di aver rovinato la vita a tante persone per primi Marina e Valerio. Per me la vita non ha più senso. In questi tre anni abbiamo ricevuto delle cattiverie allucinanti, 5-6 lettere di minacce di morte. Non parlo dei Vannini ma della pressione riversata su di noi. Provo amore verso i Vannini“.



MARTINA CIONTOLI, “NON DOVEVO FIDARMI”

Anche Martina Ciontoli è chiamata a rispondere di concorso in omicidio per la morte di Marco Vannini e per questo ha parlato in aula raccontando la sua versione dei fatti: “Non dovevo fidarmi di mio padre”, ha detto la ragazza, per poi aggiungere:”Entrando in bagno la pistola non c’era, dopo papà ha detto che era nella scarpiera”. La scena descritta da Martina vede protagonisti il padre e il fidanzato:”Scherzavano fra loro: papà non gliel’ha porta (la pistola, ndr) ma gli ha fatto vedere lui il funzionamento (…). Ho sentito un rumore, mai sentito uno sparo, come qualcosa di pesante che cade per terra. Entrata nel bagno ho chiesto a papà cosa fosse successo. Non avevo motivo di non credere a mio padre, quando ha detto che era un colpo d’aria e che Marco si sarebbe ripreso”. Martina ha poi precisato che anche secondo lei quella sul corpo di Marco era sembrata una bruciatura “come quella di una sigaretta” e che Marco non avrebbe mai urlato, limitando a lamentarsi ad alta voce. 

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