Si è aperto davanti alla Corte d’Assise di Milano il processo a carico di Marco Cappato, accusato di aver aiutato Dj Fabo, all’anagrafe Fabiano Antoniani, ad andare in Svizzera per ottenere il suicidio assistito. Per il politico dei Radicali l’accusa è aggravata dall’aver “agevolato” la morte del 40enne cieco e tetraplegico, in seguito ad un incidente stradale. Per la procura ha semplicemente aiutato una persona a esercitare il diritto di morire con dignità, ma il gip ha imposto l’imputazione coatta. Da qui la decisione di saltare l’udienza preliminare e di andare direttamente a processo con rito immediato. Era stato lo stesso Cappato a scegliere il processo immediato, con l’obiettivo di “processare una legge ingiusta” e affrontare il nodo della norma sul fine vita ancora ferma in Parlamento. Il processo, dunque, è cominciato: davanti al tribunale i Radicali hanno organizzato un presidio, sui social invece hanno lanciato una campagna con l’hashtag #conCappato, per “una chiamata civile ai cittadini italiani che vogliono essere liberi”. Marco Cappato rischia 12 anni di carcere “per aver affermato da radicale con la sua disobbedienza civile un diritto inalienabile che il parlamento italiano si ostina a negare a milioni di Italiani, cioè il diritto di decidere come vivere la propria vita fino alla fine”, recita il messaggio della protesta. In questa prima udienza del processo i pm Tiziana Siciliano e Sarda Arduini hanno ottenuto il permesso per proiettare il video choc dell’intervista rilasciata da Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, a Le Iene (clicca qui per il servizio). L’obiettivo, come riportato dall’Ansa, è dimostrare le condizioni fisiche in cui si trovava il 40enne e la lunga agonia a cui sarebbe andato incontro nel morire senza supporto medico-farmacologico.
MARCO CAPPATO, IL SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA DI DJ FABO
Solo due giorni fa Marco Cappato era tornato ad accusare la classe politica per non aver approvato neppure il testamento biologico: “È il minimo, perché è il recepimento di quanto la giurisprudenza ha già stabilito essere diritto”. Al suo fianco a Milano, dove si è tenuto un incontro sul tema, Beppino Englaro, secondo cui manca la volontà politica: “Ci sono tutte le premesse, l’opinione pubblica è bene informata, ma è l’inerzia del legislatore che ci preoccupa”. In parallelo al processo, dunque, prosegue la battaglia di Marco Cappato e dell’Associazione Luca Coscioni, di cui è promotore, per l’eutanasia legale. La battaglia è finita nelle aule dei tribunali, visto che il 13 luglio scorso i pm milanesi Tiziana Siciliano e Sara Arduini avevano chiesto il suo rinvio a giudizio in base all’articolo 580 del codice penale: un processo obbligato visto che tre giorni prima il gip Luigi Gargiulio aveva disposto l’imputazione coatta, bocciando la richiesta di archiviazione formulata dai pm. All’indomani della decisione del gip di Milano la famiglia di Dj Fabo pubblicò su Facebook un messaggio per Marco Cappato: “Ha fatto un regalo ad aiutare mio figlio. Ora la sua sofferenza è finita e in questo momento lui è felice. Grazie Marco”, scrisse Carmen Carollo, madre del 40enne andato in Svizzera per ottenere il suicidio assistito.