Rita Dalla Chiesa: uno sfogo social di una figlia, un tweet mandato qualche ora fa per raccontare l’ennesimo “sgarbo” fatto da qualche imbecille della città di Palermo contro la memoria passata e presente di Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale che ha combattuto le Brigate Rosse e la Mafia. «Che bastardi che siete. Che vigliacchi. Avete rubato per l’ennesima volta la bandiera sotto la lapide di nostro padre. E noi la rimetteremo!», scrive la figlia e conduttrice dopo che la bandiera già rimossa in passato è stata di nuovo trafugata. Non una “bandiera” qualunque, ma un tricolore su cui lei e Nando avevano scritto “papà” e l’avevano posto sulla lapide in Via Carini a Palermo, proprio dove venne trucidato dal vile attentato mafioso. Nell’agosto 2015 fu posto per la prima volta ma già nell’aprile 2017 venne rubato da qualche “simpatico” buontempone che evidentemente preferiva infangare quel qualcuno che contro il malaffare e la malavita ci aveva speso e “sacrificato” una vita. Ma siccome la mamma dei cretini è la più gravida di tutte, eccone un altro che ha voluto fare un bello scherzetto a Rita, Nando e in realtà a tutta la Sicilia. «Bastardi e vigliacchi»: beh, siamo perfettamente d’accordo. 



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L’ATTENTATO DI VIA CARINI

Dopo il brutto fatto di aprile, Rita Dalla Chiesa insieme al fratello ha voluto risistemare una seconda bandiera italiana, sempre con la scritta papà, accanto alla targa commemorativa: in quel luogo nel 3 settembre 1982 il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa venne ucciso assieme alla seconda moglie, Emmanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Gli spostamenti del generale chiamato dallo stato in Sicilia dopo aver combattuto e molte volte sconfitto il terrorismo rosso delle Br al nord, erano purtroppo noti alla prefettura dove esisteva un infiltrato della mafia (mai ritrovato) e quella sera dunque i sicari furono avvertiti sul luogo dove sarebbe passata l’auto di Dalla Chiesa. «Intorno alle 21.10 l’Alfetta di Domenico Russo venne affiancata da una motocicletta su cui viaggiavano un killer e il mafioso Pino Greco, il quale aprì il fuoco con un Kalashnikov AK-47 sull’agente di scorta, che nonostante i colpi uscì dall’auto per tentare, invano, di difendere il Generale e la consorte. Domenico Russo morì dopo 8 giorni di coma», si legge nelle cronache del Corriere della Sera. In quel momento altri due killer,  Antonino Madonia e Calogero Ganci, guidando una BMW 518, raggiunsero l’auto su cui viaggiava il Generale dalla Chiesa uccidendo la coppia con 30 colpi di AK-47, armi da guerra contro un generale che a loro l’aveva dichiarata. Oggi non sono stati scoppiati dei proiettili ma tolta “solo” una bandiera: il termine giusto, lo ripetiamo, l’ha già detto la figlia Rita. Vigliacchi…



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