La battaglia intorno alla piccola Vera — la bimba tolta dal tribunale dei minori di Torino ai genitori troppo vecchi — non è finita.
Riepiloghiamo. Per avere un figlio, Gabriella e Luigi hanno lottato per una vita, ricorrendo a tutti i sistemi che la scienza oggi mette a disposizione. E finalmente, nel 2010, arriva Vera. Ma mamma Gabriella ha 57 anni e papà Luigi 69 (oggi ne hanno 63 e 75), e quando i due lasciano qualche minuto la piccola in auto i vicini si precipitano dai carabinieri, i genitori vengono incriminati per abbandono di minore, il giudice stabilisce che i due “hanno applicato in modo distorto le enormi possibilità offerte dal progresso in materia genetica” e non si sono posti “domande sul fatto che la bambina si ritroverà orfana in giovane età e, prima ancora, sarà costretta a curare i genitori anziani proprio nel momento in cui avrà bisogno del sostegno dei suoi genitori”; Vera viene affidata a un’altra famiglia. Naturalmente, per riavere la figlia, Gabriella e Luigi ingaggiano una battaglia legale senza risparmio, ma fino a ieri senza successo: nel marzo scorso la Corte d’appello di Torino ha confermato l’adottabilità della bimba. Ieri, la svolta (forse): il Procuratore generale della corte di Cassazione ha stabilito che la sentenza sull’adottabilità di Vera è invalida, perché si basa su un presupposto — l’incapacità dei genitori naturali, testimoniata dall’episodio dell’abbandono — che la legge stessa ha negato, dato che Luigi è stato assolto dall’accusa con formula piena.
E adesso? Dobbiamo esultare, perché i genitori riavranno la figlia, attesa — si può ben dire — per una vita? Dobbiamo rattristarci, perché i genitori affidatari e adottivi che in questi anni hanno accolto Vera come una figlia se la vedranno portar via? Dobbiamo chiederci come starà, in mezzo a tutto questo, la piccola Vera, che ormai ha sette anni e presumibilmente ha i suoi legami affettivi, i suoi spazi, i suoi desideri? Per parte mia, credo di dover domandare a Dio, che è padre di Gabriella e di Luigi, e di Vera e dei suoi nuovi genitori, e anche dei giudici — e se qualcuno di loro non lo riconosce poco importa — di farsi loro vicino, di rendersi incontrabile, di permettergli di scoprire che la paternità e la maternità sono sempre un dono, sono sempre la partecipazione e la collaborazione all’unica vera grande paternità e maternità, quella di Dio e della Madonna.