Un episodio di inaudita violenza si è consumato tra le mura domestiche, a San Giuliano Milanese, in provincia di Milano, dove un uomo 43enne di origini marocchine avrebbe scaraventato il figlioletto di appena 5 mesi contro un muro e picchiato la moglie. A darne notizia è l’edizione milanese di Repubblica.it che spiega come l’uomo sia stato fermato con l’accusa di tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia e resistenza a pubblico ufficiale in quanto si sarebbe scagliato anche contro i militari intervenuti nella notte, dopo la segnalazione giunta da alcuni cittadini per una violenta lite in corso. Secondo una prima ricostruzione, pare che il 43enne fosse tornato a casa totalmente ubriaco discutendo animatamente con la moglie di 42 anni, anche lei marocchina e con la cugina di lei. Al culmine della lite entrambe le donne sarebbero state prese a calci e pugni, ferendole, prima di rivolgere la sua violenza contro il figlio di 5 mesi. Dopo averlo afferrato per il collo, lo avrebbe spinto contro un muro con estrema forza, tale da provocargli una frattura al cranio, quindi si sarebbe dato alla fuga.
CALCI E PUGNI CONTRO I CARABINIERI
Il 43enne sarebbe stato intercettato poco dopo il tentato omicidio per strada, nei pressi della sua abitazione ed intento a nascondersi. Dopo essersi accorto dell’arrivo delle forze dell’ordine si sarebbe scagliato con violenza anche con i militari prendendoli a calci e pugni. Sarebbe ulteriormente scappato se non fosse stato prontamente fermato e poi arrestato dai Carabinieri giunti sul posto dopo le segnalazioni dei vicini di casa dell’uomo. In merito alle vittime, ad avere la peggio è stato proprio il figlio neonato, il quale è attualmente ricoverato presso l’Ospedale di Vizzolo Predabissi per la frattura della teca cranica in prognosi riservata (ma non in pericolo di vita), mentre la moglie, la quale avrebbe riportato un taglio al piede, se l’è cavata con 15 giorni di prognosi. In merito al 43enne, il fermo è stato convalidato e nei confronti è stata emessa una ordinanza di custodia cautelare in carcere, a Lodi, dove resta a disposizione dell’autorità giudiziaria.