Erano ore di ansia quelle appena trascorsa per tutti i fedeli e affezionati a Don Antonio Riboldi, monsignore e Vescovo Emerito di Acerra: stava male, molto male per l’aggravarsi della malattia che da tempo lo segnava, e a 94 anni in una mattina di dicembre ha lasciato questo mondo. È morto il prete dei terremotati, il sacerdote contro i clan della Camorra e un Rosminiano “di ferro” che nel Novecento e nei primi anni Duemila ha fatto sentire la voce di Cristo “soccorritore degli ultimi” nelle strade, nei luoghi delle mafie e tra la gente più bisognosa. È morto a Stresa, in Piemonte, dove da circa qualche mese si trovava all’intero del Complesso dei Rosminiani per curare la sua malattia: l’annuncio però lo ha dato la Curia di Acerra che dal 1978 al 2000 lo vide vescovo veemente (dal 2001 è divenuto ovviamente vescovo emerito della medesima città campana). «Il ritorno di monsignor Antonio Riboldi alla Casa del Padre genera umana malinconia nel cuore dei fedeli dell’intera diocesi di Acerra, il cui vescovo, Antonio Di Donna, il vescovo emerito, Giovanni Rinaldi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose con animo commosso ricordano la figura e l’opera di Riboldi e rendono grazie a Dio che in un periodo difficile della sua storia ha affidato la diocesi all’amorevole cura di tal grande Pastore», si legge nella nota della Curia. Come racconta il Mattino di Napoli in uno speciale dedicato al vescovo scomparso poco fa, «Ha segnato un pezzo di storia del Meridione, prima parroco in Sicilia, a Santa Ninfa nel Belice, fu il primo prete a scendere in piazza alla testa dei terremotati che da anni vivevano nei prefebbricati».
IL PENSIERO DI NATALE
Dalla Mafia siciliana alla Camorra, dalla lotta contro sprechi e mala gestione per i terremoti fino alla battaglia per l’ambiente più puro e libero nella Terra dei Fuochi: Don Riboldi, come voleva sempre farsi chiamare, ha fondato l’intera sua esistenza di “battaglia” all’interno di un’unica fonte di luce e speranza, quel Cristo che tra qualche giorno si celebra la venuta nel Natale. Proprio in occasione della Natività di Maria, uno dei messaggi più forti scritti da Mons. Riboldi sulla testimonianza della fede viva e presente: «E’ un fatto che a Natale il cuore si allarga, come avessimo trovato la gioia di stare insieme, come ragione del cuore. Natale ci insegna che l’uomo non è solo, ma ha bisogno di qualcuno che veramente lo ami e lui possa amare. Possiamo, come è nello stile del consumismo, fare della solennità del Natale, solo un motivo di festa terrena, una festa che dura poco, ma il NATALE ha il suo fascino, per un Evento, grazie al quale, anche se non ci crediamo, Dio fa pace con noi e ci riapre la Sua Casa. E’ davvero incredibile, ma stupendo, che Dio, l’immenso, infinito, che non ha bisogno certamente di noi, che siamo poca cosa, possa riaprire le porte del Cielo, dopo che le aveva dovute chiudere per quel grande errore dei nostri progenitori che, cedendo al serpente preferirono l’affermazione del proprio egoismo alla dolcezza di accogliere l’amore del Padre ed essere sue creature». Poco dopo, ecco l’affondo: «Noi uomini siamo abituati a cercare un posto di prestigio ed è molto difficile conoscere la bellezza della umiltà. Ma Dio, pur essendo davvero, non solo il Tutto, ma Colui che dà senso al nostro niente, sceglie la via della umiltà e povertà, che sono, ancora oggi, la via delle anime che si sforzano di fare posto alla santità, alla gioia e all’amore, divenendo come ‘una mangiatoia che accoglie’ il Bambino».