Il delitto di Yara Gambirasio sarà il caso approfondito stasera, 10 dicembre, nella puntata di Quarto Grado – La domenica, in onda dalle 20:30 su Rete 4. Uno dei gialli più controversi dell’ultimo decennio italiano, che da anni continua a dividere in due l’opinione pubblica in merito alla presunta colpevolezza dell’unico indagato ed in carcere per quell’efferato omicidio: Massimo Bossetti. Secondo l’accusa prima e poi i giudici della Corte d’Assise di Bergamo e dell’Appello di Brescia, è lui il solo responsabile dell’uccisione dell’allora tredicenne di Brembate, scomparsa misteriosamente il 26 novembre 2010 salvo poi essere rinvenuta cadavere, tre mesi esatti dopo, in un campo di Chignolo d’Isola, a pochi chilometri dal suo paese di origine. Da quel momento prende il via un’imponente indagine scientifica ritenuta la più grande mai compiuta in Europa proprio per il numero di persone coinvolte e per i numerosi Dna raccolti e analizzati. Dopo attente analisi e confronti, si arrivò ad Ignoto 1, identificato nella persona di Massimo Bossetti, un muratore di Mapello, sposato e padre di famiglia. Unico imputato di un delitto che fece enorme scalpore soprattutto per via della giovanissima età della vittima. Il suo Dna fu rinvenuto sugli indumenti di Yara ma non fu semplice arrivare a lui in quanto dai confronti emerse che quella traccia genetica apparteneva ad un figlio naturale di Giuseppe Guerinoni, autista di Gorno morto nel 1999. Le indagini condussero, dunque, a Ester Arzuffi, madre di “Ignoto 1”. A quel punto il passo tra quel Dna anonimo e Massimo Bossetti fu brevissimo. Il 16 giugno 2014 il muratore viene arrestato e da quel momento prenderà il via una lunghissima vicenda processuale che ha portato, fino ad oggi, a due condanne all’ergastolo in primo e secondo grado, a carico dell’unico imputato.
YARA GAMBIRASIO: TERZO GRADO PER MASSIMO BOSSETTI
In tutti questi lunghi anni, dal giorno del suo arresto ad oggi, Massimo Bossetti si è sempre dichiarato innocente rispetto al delitto di Yara Gambirasio. I due processi a suo carico, però, hanno messo in dubbio la sua verità puntando soprattutto su quella traccia di Dna che, secondo l’accusa, non potrebbe essere che sua. La difesa dell’uomo, di contro, ha sempre contestato quella traccia genetica definita “monca” ed ancora una volta mira a cambiare le carte in tavola. L’ultima mossa la vedremo nel corso della Cassazione, poiché i legali difensori del presunto assassino di Yara hanno presentato proprio nei giorni scorsi il ricorso per la sentenza in Appello, dove sperano di poter avere la tanto attesa assoluzione del proprio assistito. Il terzo grado di giudizio rappresenterà per Massimo Bossetti la sua ultima chance per dimostrare di essere davvero estraneo al delitto di Yara Gambirasio. L’avvocato Claudio Salvagni, uno dei difensori dell’uomo già condannato due volte all’ergastolo, aveva spiegato a L’Unione Sarda la sua intenzione di dimostrare ancora una volta le anomalie riscontrate fino ad oggi in quel Dna di Ignoto 1 che contribuì a incastrare definitivamente Bossetti. Il legale aveva commentato con parole durissime la sentenza dello scorso luglio in Appello e che aveva confermato l’intero quadro già illustrato nel primo grado: “È una sentenza sbagliata che non ha senso scientifico, che arriva a una conclusione ma senza avere gli elementi per emetterla”. Al centro delle critiche, la mancata occasione data al suo assistito di difendersi in ogni fase del procedimento, “dalla perizia al mancato accesso ai reperti”.