Alì Abdessalem, tunisino di 54 anni e la moglie 46enne Rashida sono arrivati in Italia 17 anni fa. Da allora vivono in Brianza, a Lomagna, ed oggi si trovano a convivere con un doppio dolore: la morte del proprio figlio maggiore e l’arresto del secondogenito. Alla base di quelle che, seppur in modo diverso, i due coniugi considerano delle perdite altrettanto dolorose, ci sarebbe l’Isis contro i cui uomini si scagliano confidando nella maledizione di Allah. Ghassan, come riporta Il Giorno al quale i due genitori affidano il loro sfogo, aveva 26 anni quando è stato giustiziato dallo Stato Islamico. Tre anni fa si era arruolato all’Isis come foreign fighter per amore di una donna siriana che aveva conosciuto online e poco dopo sposato. Non si conosce ancora nel dettaglio la fine drammatica alla quale è andato incontro, se è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa o peggio ancora decapitato dai tagliagola del Califfato. Non si conosce neppure il luogo esatto, se non la Siria, né il periodo in cui è avvenuta la violenta esecuzione. Poco importa, perché la vita e la famiglia di Alì e della moglie sembrano ormai essere andate a pezzi. Il padre e la madre del 26enne al quotidiano raccontano di aver sentito il loro ragazzo per l’ultima volta lo scorso luglio, telefonicamente. “Voglio tornare a casa, ma se mi beccano mi ammazzano”, avrebbe confidato loro in un messaggio vocale. Poi più nulla fino alla scorsa settimana, quando alla famiglia è stato comunicato che lo scorso agosto Ghassan fu prima arrestato e poi condannato a morte per tradimento. “Aveva già provato a scappare, ma era stato fermato, era riuscito però a mettere in salvo la moglie e i due figli piccoli che sono rimasti orfani”, raccontano oggi i due coniugi affranti.
SECONDOGENITO ARRESTATO PER ESTREMISMO ISLAMICO
Padre e madre di Ghassan erano all’oscuro del legame esistente tra il figlio e l’Isis. Era stata la moglie, oggi vedova, a convincerlo ad andare in Siria, ma ciò rappresentò anche la sua condanna a morte. Oggi i suoi genitori si ritrovano senza nemmeno un corpo sul quale poter piangere. Vorrebbero almeno recuperare la salma dell’amato figlio, ma per loro sarebbe troppo rischioso. Tra le loro preoccupazioni c’è anche la figlia minore che oggi frequenta le scuole elementari ed il secondogenito di 22 anni, arrestato lo scorso luglio con l’accusa di estremismo islamico dopo essere tornato in Italia malgrado fosse stato espulso due anni fa. “Non è un delinquente”, dicono i genitori, che naturalmente lo hanno riaccolto in Italia, Paese che rispettano e che ormai sentono come proprio. Poi puntano il dito contro i criminali dell’Isis, rei di aver distrutto la loro famiglia: “Sono sterco, che Allah li maledica”, ripetono con convinzione. “I terroristi dell’Isis non sono musulmani”, dicono, prendendo le distanze dai loro precetti. Ciò che fanno, infatti, non rientra affatto tra gli insegnamenti di Maometto incentrati sulla pace e sul perdono sebbene è quello che vogliono fare intendere. “L’Isis invece predica l’odio e la morte, che Allah li maledica tutti”, chiosano, comprensibilmente dilaniati dal dolore.