C’è chi li tira giù e chi li tira su. Nelle scuole, nelle aule giudiziarie e in quelle comunali. E’ la battaglia dei crocifissi, usata da ambo le parti per motivi politici e non certo di fede. La mozione con la quale per la prima volta un crocifisso è stato affisso nell’aula consiliare del comune di Genova infatti vede la partecipazione di Lega Nord, prima firmataria, FdI, Vince Genova e Direzione Italia come firmatari. Tutti sanno quanto la Lega Nord abbia fatto e continui a fare battaglie e denunce contro la Chiesa cattolica, specie sull’argomento migranti e non solo ed è difficile pensare a loro come un partito “cattolico”. Il crocifisso è così adesso accanto al gonfalone del comune, la bandiera dell’Unione europea, dell’Italia, della città di Genova e dell’Associazione nazionale comuni italiani. In realtà il crocifisso è talmente piccolo che proprio vicino alle grandi bandiere passa quasi del tutto inosservato.
Restando proprio in Liguria, un anno fa fece scalpore la richiesta di una coppia islamica che dovendosi sposare nell’aula del comune di Rapallo, chiese la rimozione del crocifisso, richiesta che venne respinta dal sindaco: “Le radici non si toccano, il crocifisso neppure” rispose. Chi si oppone invece ai crocifissi nelle aule scolastiche, dei tribunali, dei comuni o degli ospedali lo fa in richiamo di quella che sarebbe la laicità dello stato: nella costituzione infatti viene detto che non esiste una religione di stato ma che tutte le religioni sono uguali e dunque, non potendo esporre tutti i simboli di tutte le religioni esistenti in Italia, giudicano il solo crocifisso una usurpazione di tutte le altre e di fatto la dichiarazione dell’esistenza di una religione di stato. Per quanto riguarda le scuole, la presenza del crocifisso è regolata da due leggi del 1924 e 1928 mai abrogate, mentre la Consulta di fronte al caso di altri tipi di edifici statali ha detto di non potersi esprimere in quanto non esistono leggi al proposto. Rimandando il tutto alla Corte europea di giustizia che anch’essa ha detto di non potersi esprimere in quanto in materia religiosa ogni nazione si deve regolare da sola.