Di problemi, distanze e difficili dialogo tra cristianesimo e Islam purtroppo da secoli, e non solo negli ultimi anni, il mondo è influenzato e colpito: le due principali religioni monoteiste (assieme all’ebraismo) a livello religioso, teologico, e purtroppo a più riprese anche politico, la distanza tra l’Islam e la Chiesa Cattolica resta incolmabile. Restano però momenti dell’anno, come proprio il Natale, in cui elementi delle due tradizioni religiose si “guardano” e si “parlano” molto più di quanto spesso si possa pensare. Un curioso caso è rappresentato dalle tante figure del Nuovo e Antico Testamento che vengono inserite nel Corano: e non proprio personaggi “minori”, ma ad esempio la Madonna e Cristo Gesù sono inseriti, trattati e venerati anche nella regione coranica. Non è certo una novità che scopre il Sussidiario intendiamoci, ma il riproporsi di una tradizione come quella del Natale cristiano apre le porte a un possibile maggiore dialogo con i fratelli islamici, con la speranza di ricevere ogni volta la stessa apertura e la stessa disponibilità all’incontro, per recuperare quel terreno fertile di pace e convinceva così difficile di questi tempi. «E nel Libro ricorda Maria, quando si appartò dalla sua gente lungi in un luogo d’oriente. Ed essa prese, a proteggersi da loro, un velo. E Noi le inviammo il Nostro Spirito, che apparve a lei sotto forma di uomo perfetto». Ella gli disse: «Io mi rifugio nel Misericordioso avanti a te, se tu sei timorato di Dio!». Rispose: «Io sono il Messaggero del tuo Signore, per donarti un fanciullo purissimo». Disse: «Come potrei avere un figlio, se mai un uomo mi ha toccata e non sono certo una libertina?». Rispose: «Così sarà. Perché il tuo Signore ha detto: “Cosa facile è questa per me. Faremo di lui un segno per le genti e una misericordia da parte Nostra. E’ cosa stabilita». Lo concepì e, in quello stato, si ritirò in un luogo lontano. I dolori del parto la condussero presso il tronco di una palma. Diceva: «Me disgraziata! Fossi morta prima di ciò e fossi già del tutto dimenticata!». E la chiamò una Voce di sotto la palma: «Non ti affliggere, perché certo il tuo Signore ha posto un ruscello ai tuoi piedi; scuoti il tronco della palma: lascerà cadere su di te datteri freschi e maturi. Mangia, bevi e rinfrancati: Se poi incontrerai qualcuno, di’: “Ho fatto un voto al Misericordioso e oggi non parlerò a nessuno”». Tornò dai suoi portando il bambino»: è solo una parte della Sura XIX nel Corano, “Maryam” in cui viene raccontata la natività di Maria e la nascita del figlio Gesù. «Ma Gesù disse: «In verità sono un servo di Allah. Mi ha dato la Scrittura e ha fatto di me un profeta. Mi ha benedetto ovunque sia e mi ha imposto l’orazione e la decima finché avrò vita, e la bontà verso colei che mi ha generato. Non mi ha fatto né violento né miserabile. Pace su di me il giorno in cui sono nato, il giorno in cui morrò e il Giorno in cui sarò resuscitato a nuova vita». Questo è Gesù, figlio di Maria, parola di verità…».
LE DIFFERENZE RESTANO
Anche il Corano parla di Gesù, lo venera come un grande profeta e lo inserisce nella schiera dei personaggi importanti e decisivi nell’annunciare la venuta di Maometto e il messaggio di Allah: «Il fatto che tutti i profeti menzionati nelle Sacre Scritture siano riconosciuti da noi musulmani e soprattutto che la Vergine Maria e suo figlio godano di una considerazione del tutto speciale rappresenta un fattore di incontro tra la teologia cristiana e quella musulmana. Ovviamente non mancano divergenze», spiegava il professor Niyazi Oktem, Università di Istambul, in un lungo intervento sul mensile fondato da Giulio Andreotti “30 giorni”. Proprio quelle divergenze restano e non sono una “quisquilia” rispetto all’enormità di contenuto e all’abissale distanza teologica tra Islam e Cristianesimo. La Trinità, il concetto di perdono, l’amore per il prossimo sopra ogni cosa (e come se stessi), ma sostanzialmente proprio la figura di Gesù: per i musulmani il Cristo non è il figlio di Dio, solo un grande profeta figlia di una donna miracolosa (e anche lui stesso miracoloso, ma solo in quanto anticipatore di Maometto). «Gesù, figlio di Maria, disse: O figli di Israele! In verità io sono il messaggero di Allah, mandato a voi per confermare il Pentateuco rivelato prima di me e per dare il lieto annuncio di un messaggero che verrà dopo di me e che sarà chiamato Ahmad», sura 61 al versetto 6 del Corano. Per gli islamici poi Gesù non è stato crocifisso né tanto meno può essere risorto da morte, addirittura al suo posto è stato crocifisso un sosia. Non solo, alla sura 9 versetto 30, Maometto aggiunge «Il Cristo è figlio di Allah, questo è ciò che dicono con la loro bocca, imitando ciò che dicevano i miscredenti che li hanno preceduti. Allah li maledica! Come sono fuorviati!». Il Natale inteso come natività e incarnazione del figlio di Dio resterà un punto di non ritorno nella distanza tra le due religioni, ma questo non toglie che all’interno del Corano si trovino molti elementi della tradizione ebraico-cristiana che potrebbero dare molto più seguito ad un dialogo piuttosto che ad una contrapposizione, per lo più violenta, tra l’Islam e i fratelli cristiani. Accettare questo e provare a costruire un ponte verso l’altro diverso da sé, anche a livello religioso, può essere un rinnovato impegno e sfida che lo stesso Natale lancia anche oggi, nel 2017, in piena crisi internazionale: non per un mero gusto “ecumenico” un po’ fine a se stesso, ma proprio ricalcando l’esempio del Cristo (il figlio di Dio), venuto per tutti e per liberare tutti, anche per quelli che non lo credono.