Un missionario laico messicano, dedito all’evangelizzazione dei giovani e di tutti coloro che si imbattono nella storia affascinante delle apparizioni della Vergine di Guadalupe, ha provato la complessa (quasi impossibile) sfida al secolarismo moderno. Dimostrare ovvero che un miracolo della storia cristiana possa realmente convincere un ateo, che proprio delle varie storie straordinarie nei secoli dopo la venuta di Cristo ha una concezione fortemente scettica, se non proprio di disprezzo. Su Catholic Link (con la traduzione in Italia di Aletheia, ndr) è possibile leggere la lunga trattazione di Sebastian Campos in cinque punti volta a dimostrare come “il manto della Madonna di Guadalupe può far convertire un ateo”: «In genere la Madonna appare agli uomini e alle donne di fede, e lo fa per condividere un messaggio particolare con i suoi figli. Queste apparizioni sono quasi sempre accompagnate da prodigi soprannaturali, che danno sostegno al messaggio. […] Nel caso della Madonna di Guadalupe, la situazione viene accompagnata non da un solo segno prodigioso, ma da molti». Le apparizioni della Vergine in Messico al nativo azteco convertito al cristianesimo Juan Diego e risalgono tra il 9 e il 12 dicembre del 1531: Nel santuario costruito successivamente è conservato il mantello di Juan Diego, sul quale è raffigurata l’immagine di Maria, ritratta come una giovane indiana: per la sua pelle scura ella è chiamata dai fedeli Virgen morenita (“Vergine meticcia”). Un’immagine sacra che è stata e lo è ancora oggetto di particolare studio in stile Sindone: si pensa infatti che possa effettivamente trattarsi dell’immagine reale non dipinta ma “impresa” della Madonna, con ovviamente l’intera storiografia anticristiana (e anche alcuni cattolici) che la ritengono una leggenda, nulla più.
LE ROSE E IL TESSUTO MIRACOLOSO
Ebbene, Campos vuole cercare di dimostrare attraverso i segni fisici dello stesso manto della Vergine che si tratta di un vero storico, di un elemento assimilabile alla Sacra Sindone, dove è raffigurato il volto di Cristo nel sepolcro. «La maggior parte delle invocazioni mariane che conosciamo implica una rappresentazione corporea della Vergine, in genere creata da un artista basandosi sul racconto di chi ha fatto da veggente o da messaggero. Il caso della Madonna di Guadalupe è diverso. L’immagine sulla tela è di origine divina, non proviene da mani umane, ed è stata dipinta da Colui che ha dipinto l’alba», spiega il missionario, narrando un episodio reale di Juan Diego quando il vescovo di Città del Messico lo interrogò più volte sui racconti delle apparizioni che il ragazzo azteco andava raccontando. «La Madonna disse a San Juan Diego di salire sulla collina, cogliere alcune rose e portarle al vescovo. Era dicembre. Juan Diego non ebbe esitazioni. Le rose erano lì, anche se non era stagione. Le raccolse nella sua tilma e le portò al vescovo come segno del fatto che la Vergine voleva che lì venisse costruito un tempio. […] Visto che non era il periodo della fioritura, il presule comprese che il segno era vero, ma con suo stupore sulla tilma apparve impressa l’immagine della Vergine». Gli elementi a corredo della tesi di Juan Diego passano poi per il tessuto stesso di quel manto: tutte le riproduzioni effettuate per cercare di riprodurre quel mantello, nonostante la massima cura durano nel migliore dei casi una decina d’anni, e col passare degli anni l’aspetto qualitativo del dipinto peggiora. Per la tilma della Vergine di Guadalupe invece sembra che gli anni non passino, e l’immagine sembra avere colori sempre più vivi.
IL MANTO E LA CONVERSIONE
La tela dove è impresso la presunta immagine della Madre di Dio è considerato e spiegato dai “guadalupisti” come un “quando dell’altro mondo”: «L’immagine si trova su un tessuto fatto con fibra di agave del Messico, senza preparazione. È un tessuto molto rudimentale, ci si vede anche in controluce. È trasparente nonostante lo spessore del filo. Le dimensioni sono 104 x 170 centimetri, ed è formato da due parti unite in mezzo da una cucitura verticale realizzata con filo di agave. Il pittore Miguel Cabrera, nel suo libro La maravilla Americana, dice che l’immagine è presente anche sul retro della tilma. È impossibile che mani umane l’abbiano dipinta sul telo senza prepararlo in precedenza», spiega ancora Campos. Non solo però, anche alcuni scienziati della Nasa (Smith e Callaghan) che hanno analizzato il tessuto hanno sempre sostenuto che «nell’immagine della Madonna di Guadalupe non ci sia traccia di pennello. Chimici di fama hanno poi analizzato i pigmenti, e non sono di origine animale, vegetale, minerale o sintetica, ovvero non si sa da dove provengano». Ultimo elemento, gli occhi della Vergine: secondo quanto affermato dal dottor Enrique Graue, oculista di fama internazionale e direttore di un ospedale specializzato in Oftalmologia in Messico, gli occhi della Madonna hanno una profondità «come se stessi guardando un occhio vivo per davvero». Come spiega ancora la rivista cattolica, negli occhi della Vergine di Guadalupe «appare l’effetto Purkinje-Sansom: si triplica l’immagine nella cornea e sulle due facce del cristallino. Questo effetto è stato studiato dal dottor Purkinje di Breslavia e dal dottor Sansom di Parigi, e in oftalmologia è noto come fenomeno Purkinje-Sansom. Questo fenomeno, esclusivo dell’occhio vivo, è stato osservato anche nell’occhio della Madonna di Guadalupe dal dottor Rafael Torija con l’aiuto di un oftalmoscopio». Se l’intento di convertire il giudizio ateo e scettico sull’origine di questo manto e delle apparizioni è andato a segno, nessuno lo può sapere: di certo la scienza ha dovuto in più occasioni fare passi indietro su questo particolare fenomeno, contestando vari punti ma non riuscendo mai a fornire una spiegazione alternativa a quella annunciata da San Juan Diego. Addirittura, conclude Campos nella sua trattazione, «Studi recenti con il microscopio hanno rivelato che negli occhi della Vergine si vedono riflesse le sagome di varie persone, come quando guardiamo negli occhi di chi abbiamo davanti e ci vediamo riflessi. Negli occhi della Vergine c’è anche San Juan Diego. Scientificamente non ci si spiega come in un occhio di sette millimetri appaiano dodici figure umane».