Togliersi la vita è un fenomeno ormai di massa che colpisce anche e soprattutto tra i giovani e i giovanissimi. I social network, a cui spesso si dà la colpa, sono sono l’espressione di un malessere che nel nichilismo e nella mancanza di proposte educative serie trovano sede feconda per una generazione che non ha più niente in cui credere e che già in età scolare è stanca di vivere. Nel 2012 nel mondo secondo i dati dell’OMS, i suicidi sono stati più di 800mila, uno ogni 40 secondi. “E vennero lasciati indietro – Una riflessione sul fenomeno del suicidio” un libro scritto da un sacerdote brasiliano, Licio de Araujo Vale va a toccare proprio questo tema, avendolo vissuto in prima persona in quanto figlio di un padre che si tolse la vita. Vale è sacerdote dal 1983, dal 1996 al 2003 è stato segretario esecutivo della Regional Sul 1 della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB).
Oggi è parroco della parrocchia della Sacra Famiglia nella diocesi di São Miguel Paulista. Il desiderio di scrivere il libro, spiega, “è nata dal desiderio di contribuire a gettare una luce sul problema del suicidio, collaborare perché se ne parli di più, aumentare la consapevolezza, condividere come figlio l’esperienza vissuta dalla mia famiglia, cooperare al superamento del tabù in relazione al tema, difendere la vita e divulgare l’importanza della prevenzione”. Il sacerdote affronta particolarmente il dolore dei parenti dei suicidi, dal punto di vista di varie religioni: cattolicesimo, protestantesimo storico, pentecostale e neopentecostale, ebraismo, islam, buddismo, spiritismo, umbandismo e candomblé. Necessario, scrive ancora, è che i parenti delle vittime cerchino aiuto perché di solito vivono questo dolore in modo imbarazzato e nascosto: “l’informazione, l’ascolto qualificato e l’assenza di pregiudizi sono mezzi che salvano vite umane”.