Trattativa Stato-mafia, ieri ha debuttato la requisitoria dopo quattro anni e mezzo di processo e 202 udienze. In atto la ricostruzione dei fatti del patto sancito tra alcuni pezzi dello Stato italiano e Salvatore Riina, capo di Cosa Nostra. Siamo nel 1991-1992, con il maxiprocesso che non fornisce le risposte attese al clan mafioso.Sono dieci gli imputati tra capimafia, carabinieri, pentiti ed politici. Come sottolinea Repubblica, il pubblico ministero Roberto Tartaglia ha chiaramente affermato: “Fu Marcello Dell’Utri il mediatore delle minacce lanciate da Cosa nostra”. Dopo l’uccisione dell’eurodeputato della Democrazia Cristiana Salvo Lima, morto il 12 marzo 1992 a Palermo, il vertice di Cosa Nostra andò alla ricerca di un nuovo referente politico che, secondo il pm, fu proprio l’ex senatore di Forza Italia: “Dell’Utri fu l’opzione politica individuata da Totò Riina in persona”. Un patto sancito attraverso le intimidazioni secondo il pm, citando gli attentati alla Standa di Catania (1990-1991): “Il pentito Malvagna ci ha raccontato che scese un alto dirigente Fininvest per risolvere la questione”.
LA NASCITA DI FORZA ITALIA
Marcello Dell’Utri, secondo le rivelazioni del pentito Maurizio Avola, avrebbe incontrato in Sicilia il capomafia Nitto Santapaola. Una intercettazione di qualche anno fa di Salvatore Riina sembra confermare questo scenario, sottolinea Repubblica: ““Lo cercavano… dategli fuoco alla Standa accussì lo metto sotto. Mandò a chiddu, ‘u palermitano, ‘u senatore, quello che poi finì in galera”. Successivamente il pm Tartaglia cita il racconto di un altro pentito, Salvatore Cancemi, che rivela di essere stato chiamato per dire a Vittorio Mangano, stalliere di Arcore, di farsi da parte e lasciare spazio ad altri. Successivamente citato il racconto di uno stretto collaboratore di Bernardo Provenzano, Pino Lipari, che ha affermato: “Nel primo semestre 1992, Provenzano mi disse che c’era aria di un movimento politico nuovo. Disse pure che l’ideologo di questo movimento sarebbe stato Dell’Utri”.La nascita di Forza Italia era in cantiere già dall’inizio del 1992, con Enzo Cartotto che rivela: “Subito dopo il delitto Lima, Dell’Utri mi incaricò di creare dei comitati di partecipazione”, con il pm che afferma: “Dell’Utri sosteneva che Lima dovesse essere sostituito con qualcos’altro, anche questo disse a Cartotto. Poi, spiegò che Lima era stato ucciso perché non mantenne la parola”.
CIANCIMINO, MORI E DONNO
Le scelte politiche di Cosa Nostra mutarono in quei mesi tra 1992 e 1993, con il boss Giuseppe Graviano che, intercettato, ha rivelato che il movimento mafioso inizialmente puntò sul movimento autonomista Sicilia Libera, per poi puntare su Forza Italia. Nino Di Matteo, pm al fianco di Tartaglia, commenta: “Ci fu una trattativa politica tra i vertici del Ros dei carabinieri e i vertici di Cosa nostra”. Nel corso della requisitoria infatti è stato toccato anche il tema del dialogo segreto tra Mario Mori e Giuseppe De Donno, vertici del Ros, e l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Dalla sostituzione dell’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti, visto come pericolo per la trattativa Stato-mafia, con Nicola Mancino, alla scelta di Ciancimino come mediatore del dialogo. Secondo la Procura, riporta Repubblica, “l’allora comandante del Ros Antonio Subranni aveva rapporti cordiali con Ciancimino sin dalla fine degli anni Settanta”. Ma a parlare della trattativa per primi, ancor prima dei pentiti e di Ciancimino, furono altre persone come sottolinea il pm Di Matteo: “Sono stati proprio gli imputati Mori e Donno a lasciarsi sfuggire la parola trattativa durante la loro deposizione al processo per la strage di Firenze. Era il 1998, ancora nessuno aveva parlato di trattativa”. Dichiarazioni rilasciate perchè “erano sicuri della loro impunità”.