Ha fatto bene il Presidente della Repubblica a concedere — tacitamente — il silenzioso ritorno in patria delle salme di Elena di Savoia e del marito Vittorio Emanuele III. Non sembra casuale che ciò avvenga poco dopo il centenario di Caporetto. L’Italia orgogliosa dei 150 anni di Unità, nel 2011, ha fatto i conti negli ultimi mesi con la memoria di un altro momento fondativo dell’identità nazionale. 



Nell’autunno del 1917 fu persa drammaticamente una battaglia militare, fu per un attimo a rischio il Paese stesso. Se l’Italia si salvò, fu merito di tutti gli italiani: quelli che combatterono (e fecero il loro dovere, nonostante decenni di leggende su diserzioni e scioperi) e quelli che resistettero in tutta la penisola (anzitutto le donne: di giorno in fabbrica, la sera in casa a tenere assieme famiglie senza mariti e padri, che spesso non tornarono più). La ricostruzione e il boom nel secondo dopoguerra non sarebbero stati immaginabili senza l’Italia della Grande Guerra: né, probabilmente, l’Italia del 2017, il calabrone che continua a volare nonostante la peggior crisi economica della sua storia.



Due coniugi italiani erano Vittorio ed Elena: “Marito e moglie per 51 anni in Italia nella buona e nella cattiva sorte”. Lo ha scritto, sobriamente, la nipote Maria Gabriella di Savoia, ringraziando Sergio Mattarella per aver acconsentito che le loro salme fossero tumulate nel santuario di Vicoforte (e poco conta che il pronipote Emanuele Filiberto, principe da talk-show, abbia cercato qualche titolo di giornale, vaneggiando di sepolture al Pantheon).

Un Paese — un Paese come la Repubblica democratica italiana da più di settant’anni vuol essere — è tale e forte se non ha paura della propria storia, tutta. E’ davvero civile — ed esercita un’alta forma di “misericordia civile” — se rispetta le tombe, tutte, e il diritto di tutti i suoi cittadini ad avere una tomba in patria. 



All’Altare della Patria, a Roma, è giusto che riposi il Milite Ignoto, che fra pochi mesi riceverà un tributo particolare a cent’anni da Vittorio Veneto. Il generale Luigi Cadorna è sepolto in un mausoleo dimenticato sul Lago Maggiore. In una cappelletta del cimitero di Predappio giacciono i resti di Benito Mussolini, vicini a quelli di sua moglie: ed è giusto che lì siano lasciati in pace, da tutti.

Su una spiaggia in Tunisia c’è la tomba di Bettino Craxi. Se i figli chiederanno al Quirinale il rientro della salma con lo spirito e nelle forme con cui l’hanno chiesto i nipoti di Vittorio ed Elena, sarà giusto dir loro di sì.