Dalle polemiche sull’utilizzo di un volo di Stato dell’aviazione militare che era partito da Alessandria d’Egitto alla (per alcuni eccessiva) pubblicità che ha avuto la faccenda, fino ad arrivare all’inquietudine manifestata, tra gli altri, dall’ANPI e dall’Unione delle Comunità Ebraiche: la traslazione della salma di Vittorio Emanuele III di Savoia nel santuario di Vicoforte (Cuneo), avvenuta poco dopo la notizia che anche quella della Regina Elena di Montenegro era stata riportata in Italia a Mondovì, ha acceso il dibattito non solo a livello politico, ma anche nell’opinione pubblica, riportando (seppure in forma ovviamente più sfumata rispetto a quasi settant’anni fa) in auge il dibattito attorno al giudizio storico sulla monarchia e facendo emergere, qua e là, anche frange di “nostalgici” che hanno festeggiato il ritorno delle spoglie dell’ultimo re d’Italia, con tanto di benedizione della salma e le note del Silenzio che risuonavano.
LE POLEMICHE SUL PRESUNTO VOLO DI STATO
A dire la verità, con una nota diramata proprio nelle ultime ore, il Quirinale ha sottolineato come l’aereo che ha riportato in Italia i resti di Vittorio Emanuele III (morto in esilio proprio del dicembre del 1947 ad Alessandria) è stato pagato interamente da parte degli eredi della famiglia Savoia, anche se pare che nessuno di coloro che erano a bordo era a conoscenza della natura della missione. Ad ogni modo, le rassicurazioni arrivate dal Colle non hanno certo spento la polemica che sta attraversando in questi giorni la società civile a proposito dell’opportunità di far tornare in patria il Sovrano che, come è noto, non solo non si oppose alla marcia su Roma del 1928 da parte del rampante Partito Fascista di Benito Mussolini, ma controfirmò pure le famigerate Leggi Razziali del 1938. Anche per questo motivo, l’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani ha spiegato attraverso un suo portavoce che tanta “solennità urta le coscienze”, al di là della pietas che meritano i familiari dell’ex monarca; più duro è stato invece l’intervento di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha espresso “profonda inquietudine”, denunciando anche il “progressivo smarrimento della memoria” nella nostra epoca e auspicando che la salma non venga in futuro traslata al Pantheon nelle Tombe Reali dove riposa Vittorio Emanuele II.
LA REPLICA DI EMANUELE FILIBERTO
Le reazioni alla notizia, ad ogni modo, hanno messo in evidenza come sulla vicenda si sia toccato un nervo scoperto: infatti, hanno destato scalpore le celebrazioni solenni dei “monarchici” italiani all’arrivo delle spoglie del re a Vicoforte, tra onori tributati e nostalgie del tempo in cui la famiglia Savoia era in auge in Italia. Tra le reazioni di segno contrario più dure, invece, vanno registrate quelle di Giulio Marcon (capogruppo di “Liberi e Uguali”) e di Massimo D’Alema: il secondo, in particolare, ha chiesto al Governo di riferire in Parlamento sulla vicenda, bollando come “sgradevole episodio” il ricorso al presunto volo di Stato. A infiammare il dibattito, però, è la paventata ipotesi che le spoglie di Vittorio Emanuele III un giorno possano riposare addirittura a Roma come chiesto dagli eredi: “Una scelta che urta con la storia di questo dopoguerra” ha tagliato corto Carlo Smuraglia, presidente della succitata ANPI, mentre il principe Emanuele Filiberto si è detto addirittura deluso dalla “segretezza” con la quale è stato organizzato il ritorno della salma del nonno, aggiungendo che per lui è il Pantheon la sede naturale per la tomba di quello che era conosciuto come il “re soldato”: pur ammettendo l’ignominia delle Leggi Razziali, Emanuele Filiberto ha spiegato che, a suo dire, “siamo un’Italia nuova e bisogna guardare avanti”, aggiungendo che oggigiorno c’è un nuovo interesse che lui percepisce nella società per capire cosa sia stata la monarchia dato che “la Repubblica ha deluso molti, con i suoi governi instabili e fallimentari”.