Sul caso di Giulio Regeni si sarebbe aperto un nuovo spaccato dopo le rivelazioni trapelate dalle indagini degli investigatori egiziani e che coinvolgerebbero dieci soggetti responsabili del sequestro e della successiva messa in scena che portò all’uccisione di cinque persone che l’Egitto indicò come gli autori del rapimento del ricercatore italiano. I nomi sarebbero legati alla National Security, il servizio segreto civile egiziano, e al Dipartimento di polizia investigazioni municipali del Cairo. Come riporta Il Piccolo, i rappresentanti italiani ed egiziani che starebbero collaborando al fine di fare massima chiarezza sul caso controverso, ancora irrisolto, avrebbero anche analizzato lo stato di avanzamento dei lavori della società tedesca incaricata del recupero dei video della metro del Cairo, dove si sospetta sia stato sequestrato Giulio. Si tratta di un lavoro complesso che mira all’individuazione proprio tramite le immagini delle telecamere a circuito chiuso, della presenza di Regeni o di altri soggetti considerati “di interesse investigativo” nell’area delle fermate dove il giovane abitava. Occhi puntati anche sulla professoressa dell’Università di Cambridge, Maha Mahfouz Abdel Rahman, tutor della ricerca di Regeni e che sarà interrogata il prossimo gennaio. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



LE NOVITÀ EMERSE DAGLI INVESTIGATORI EGIZIANI

Emergono importanti novità nel giallo sulla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano scomparso dal Cairo, in Egitto, il 26 gennaio di un anno fa e rinvenuto cadavere il 2 febbraio 2016 alla periferia della Capitale. Secondo i nuovi elementi probatori consegnati dagli investigatori egiziani che stanno seguendo le indagini sul caso, ci sarebbero almeno cinque uomini degli apparati di sicurezza egiziani, coinvolti nel sequestro e nell’omicidio dell’italiano i quali lo avrebbero sorvegliato e pedinato fino alle sue ultime ore di libertà. Ne dà notizia Corriere.it in attesa delle prossime mosse della magistratura locale che potrebbero realmente dimostrare l’intenzione di fare finalmente chiarezza sull’intricata ed ancora irrisolta vicenda. Il lavoro degli inquirenti egiziani potrebbe ora fondersi a quello finora svolto dai colleghi italiani con uno scambio di informazioni e atti che potrebbe finalmente contribuire a fare luce sulla morte di Giulio Regeni. I due uffici ieri hanno dimostrato di voler procedere in tal senso anche in occasione di un incontro che si è svolto al Cairo e che ha visto protagonisti il pm di Roma, Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco, con il procuratore della Repubblica araba d’Egitto Nabel Sadek.



GIULIO REGENI: PEDINAMENTO E SEQUESTRO, SPUNTANO I NOMI

Gli inquirenti egiziani hanno presentato le trascrizioni ed i documenti relativi ai nuovi elementi sull’inchiesta relativa alla morte di Giulio Regeni ed ora sarebbero già al vaglio dei colleghi italiani. Da Roma era stato chiesto che venisse interrogato l’ultimo poliziotto individuato e le sue dichiarazioni ora sarebbero a disposizione della procura di Roma che a sua volta ha consegnato il lavoro svolto e consistente nell’incrocio tra testimonianze e tabulati atte a ricostruire i fatti e dal quale sarebbero emersi elementi a carico di dieci membri della polizia locale e della National sicurity. Stando alle ricostruzioni rese note da TPI, Giulio venne pedinato e prelevato alla stazione della metro di Gamal Abdel Nasser e condotto alla stazione di polizia di Izbakiya. Qui, come riporta Reuters, fu trattenuto per circa mezzora, quindi trasferito in un complesso di sicurezza di stato gestito da Homeland Security, ovvero i servizi segreti del Ministero degli Interni egiziano diretti dal generale Khaled Shalaby, una delle presunte persone coinvolte, sebbene il suo nome non sarebbe al momento emerso ufficialmente. Potrebbe essere stato proprio lui a ordinare il sequestro del ricercatore italiano. Tra gli altri nomi emersi, quelli del maggiore Magdi Ibrqaim Abdlaal Sharif, il capitano Osan Helmy, il colonnello Mahmud Handy e altre sei persone.

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