Il cenone di Natale, seguito dal pranzo, saranno le occasioni per ritrovare parenti vicini e lontani attorno allo stesso tavolo. Per molti questo sarà un momento cruciale e di grande tensione soprattutto per i risvolti che la conversazione potrà avere, tra una pietanza ed un’altra e che, come spesso accade, finisce con una inevitabile discussione che trasformerà un piacevole giorno di festa in un vero e proprio dibattito accesissimo paragonabile ai sanguinosi talk show politici. Ecco allora giustificata quell’ansia inspiegabile che torna ad ogni Natale, quando il tavolo addobbato a festa rischia di trasformarsi in un rovinoso campo di battaglia. E così, per gran parte del tempo si cerca di spostare l’attenzione dei commensali su argomenti più frivoli, nella speranza che la conversazione possa assumere toni pacati senza dunque spostarsi necessariamente su argomentazioni impegnate (ed impegnative) quali temi politici, economici e sociali che potrebbero non vederci concordi con le opinioni del vicino di tavolo. Ma perché ogni anno quel rischio apparentemente scampato torna a tormentare milioni di famiglie? A spiegarlo, come riporta Margee Kerr per “Salon”, potrebbe essere la scienza, anzi la neuroscienza. Perché se è vero che la motivazione potrebbe essere ricercata nella variegata composizione della nostra famiglia, formata sia da gente politicamente schierata a destra che a sinistra, ciò che realmente accade sarebbe ancestrale e biologico. Ancor prima dello scontro politico, infatti, la nostra mente così come i nostri corpi sarebbero in uno stato di iper-eccitazione.
CONTRASTI E TENSIONI ALIMENTATI DA ALCOL, ORMONI E NEUROTRASMETTITORI
I giorni di festa, sin da piccoli ci sono stati imposti come momenti da dedicare all’unione ed alla riflessione. E così, dopo le celebrazioni spesso capita di fermarci a riflettere su ciò che non va in noi stessi dando il via ad un processo di autocritica spesso massacrante. L’unione porta così ad alimentare la tendenza a filosofeggiare e questo porta al tempo stesso a rafforzare il senso di appartenenza e sicurezza in un mondo dove prevale la confusione. Eppure, piuttosto che soffermarsi sulle somiglianze, in contesti simili si tende a evidenziare le differenze che ci separano dai nostri interlocutori. Da qui nascerebbero i contrasti e le tensioni alimentati da alcol, ormoni e neurotrasmettitori. Pur volendo festeggiare, sentiamo così la necessità di affermarci ed affermare le nostre opinioni e la nostra identità. Per questo quando il cugino o lo zio interviene su tematiche importanti ma distanti dal nostro modo di pensare, inevitabilmente sentiamo la necessità di alzarci in piedi e dire la nostra con il rischio di incupire gli animi distruggendo, punto dopo punto la posizione del nostro parente, non per andare contro di lui, ma semmai per sostenere la nostra morale ed i nostri principi sociali.
L’IRRESISTIBILE BISOGNO DI ESPORRE I NOSTRI VALORI
Cosa accade, quindi, quando ci assale quell’incredibile bisogno di replicare e far valere la nostra posizione, di fronte alle affermazioni, siano esse di natura religiosa, politica o sociale, differenti dalle nostre? Quello che avviene attorno al tavolo durante la cena di Natale non riguarda più il nostro parente bensì noi stessi. Ciò che vogliamo essere ed i nostri valori. E così, in quella lite a tavola con un parente lontano non sarai mai solo in quanto stai lottando per conto del tuo gruppo e riaffermando i principi morali e sociali che tanto di appartengono. Anche per tale ragione queste guerre che si rinnovano ogni anno diventano inevitabili e come sempre saranno anticipate da un’ondata di ansia, tensione e preoccupazione per ciò che sarà detto e che potrebbe offendere gli altri, in attesa del prossimo Natale, quando ci sarà una nuova occasione per essere soddisfatto di ciò che sei e in cui credi.