La liturgia dell’Avvento cristiano ci ha invitati per alcune settimane a rileggere il grande profeta Isaia. Le sue pagine contengono intuizioni di grande attualità, che vale la pena riprendere per capire la portata del Santo Natale. Il profeta si rivolge a un popolo che ha già conosciuto un primo intervento di Dio nella storia (la miracolosa liberazione della schiavitù in Egitto e l’ingresso nella Terra Promessa). Adesso Israel si trova, scettico, in esilio. Isaia deve fare un esercizio di memoria davanti a un popolo “ostinato” che ha fatto rientrare il novum nei limiti della ragione, in modo che le grande opere del passato non rimandano più a un Dio presente. Così il profeta mette nella bocca di Dio le parole:
Io avevo annunciato da tempo le cose passate;
erano uscite dalla mia bocca, per farle udire.
D’improvviso io ho agito e sono accadute.
Poiché sapevo che tu sei ostinato
e che la tua nuca è una sbarra di ferro
e la tua fronte è di bronzo,
io te le annunciai da tempo,
prima che avvenissero te le feci udire,
per timore che dicessi: “Il mio idolo le ha fatte,
la mia statua e il simulacro da me fuso le hanno ordinate” (Is 48,3-5).
Ora, il novum è tale perché rimane nuovo. Il profeta è cosciente che la testardaggine del popolo è sempre contemporanea e, dunque, Dio deve rinnovare la Sua opera per strappare dal cuore di Israele il solito “già saputo”:
Ora ti faccio udire cose nuove e segrete,
che tu nemmeno sospetti.
Ora sono create e non da tempo;
prima di oggi tu non le avevi udite,
perché tu non dicessi: “Già lo sapevo” (Is 48,6-7).
La promessa che leggiamo in Isaia si è compiuta nel grande avvenimento dell’Incarnazione, che celebriamo in questi giorni. Leggendo il Vangelo, sorprendiamo l’attualità di quel “già saputo” nella figura dei farisei, chiusi alle “cose nuove” che accadevano davanti loro.
Oggi contempliamo nei presepi che popolano la nostra geografia quella sorprendente storia che ha rinnovato l’opera di Dio in favore di tutta l’umanità. Ma dobbiamo confessare che la nostra testardaggine non è inferiore a quella degli israeliti. I nostri presepi possono rimanere una fotografia fissa e diventare un “già saputo” rientrato nei limiti della nostra ragione.
Il novum deve rimanere nuovo. Ne abbiamo proprio bisogno. Anche oggi, Dio riprende la Sua iniziativa, in Cristo, per fare nuove tutte le cose. Lo stupore del Natale si rinnova davanti ai nostri occhi per via delle Sue opere. Una giovane donna alcolizzata, che ha distrutto il suo matrimonio, risponde così alla persona che l’ha accolta con totale gratuità e che le domanda come è andata la settimana: “benissimo, non ho bevuto niente”. La donna si sente guardata con quello sguardo del padre che sorride al bambino sorpreso in cucina che nasconde la nutella: “ma io ti voglio lo stesso sia con una birra che con dodici”. “Ma tu chi sei?”, risponde la donna commossa, “tu non sei di questo mondo”. Infatti. Divino. Duemila anni bruciati dalla contemporaneità di Cristo fatto carne. Tale e quale. Veramente possiamo rallegrarci in questo Santo Natale. Lui è con noi.