“L’ANNO PROSSIMO VOGLIO ESSERE PIU’ BUONO”

Secondo un sondaggio condotto negli Stati Uniti da parte del quotidiano Usa Today, uno dei propositi più gettonati a detta degli intervistati per l’anno che si appresta a cominciare è quello di “essere più buoni”, assieme a quello del ripromettersi di perdere peso, un evergreen che ricorre puntualmente in questo genere di classifiche. Ma cosa vuol dire “fare il bravo” e cercare di essere una brava persona? A questa domanda ha provato a rispondere lo stesso giornale a stelle e strisce grazie anche ai contributi di alcuni esperti di psicologia sociale, di etica e morale ma pure di questi principi applicati alla religione. Il presupposto da cui è partita questa indagine è, secondo quanto riporta lo stesso Usa Today, una perdita generalizzata del senso di appartenenza collettiva e di responsabilità per i propri vicini che, peraltro, pare che molte persone vogliano riacquistare. Ma come si fa ad agire secondo il bene? David Pizarro, professore presso la Cornell University dove si occupa di studiare le argomentazioni morali, emozioni e giudizi, spiega che tutti siamo nati con un innato senso etico che ci rende particolarmente sensibili alle sofferenze degli altri. Da qui parte la sua riflessione sul concetto di “bene” e su cosa lo influenzi ai giorni nostri.



COSA INFLUENZA LA “MORALITA’ CENTRALE”?

Innanzitutto, Pizarro come molti altri suoi colleghi si chiedono cosa è che porta ognuno ad agire in modo differente: oltre alla socializzazione e al modo in cui si viene cresciuti, la “moralità centrale” si forma attraverso le esperienze che ognuno ha e se si diverge è perché si dà un diverso peso e una differente priorità ai valori: Darcia Narvaez, professoressa di Psicologia presso l’Università di Notre Dame, spiega che ciò influenza anche il modo in cui ci si pone di fronte a temi sensibili quali omosessualità, disuguaglianze di genere e di razza. Inoltre, anche il luogo e il tempo determinano le scale dei valori: ad esempio, solo l’1% dei tedeschi pensa che la contraccezione sia moralmente inaccettabile, mentre la percentuale sale al 65% tra gli abitanti del Pakistan; stando a una indagine del Per Research Center, invece, più della metà degli americani ritiene he credere in Dio non sia necessario per avere dei buoni valori etici o morali. Ma come si declina tutto ciò nella vita di tutti i giorni? Sempre secondo Pizarro, ad esempio, se si richiede rettitudine e inflessibilità ai leader politici, è altresì vero che non si desidera altrettanto dalla propria cerchia di conoscenze, anzi spesso si preferisce che essi siano parziali e stiano sempre alla nostra parte: dunque un “buon amico” può, anzi, deve essere flessibile su certi valori e il nostro comportamento spesso viene dettato dalla particolare situazione. Un altro esempio? Un individuo non ha dubbi sul fatto che non si debba rubare, ma poi utilizza degli escamotage per accedere a contenuti online a pagamento in modo gratuito convincendosi che “le multinazionali comunque già guadagnano tanto”; per non parlare del caso di coloro che sono a favore della pena di morte, ma solo se non riguarda un conoscente.



IL RICORSO AI COMPROMESSI MORALI

Dunque, questi esempi servono a David Pizarro per mostrare che ognuno di noi vuole una certa flessibilità sui valori morali, soprattutto perché la complessità del mondo oggi è così elevata che non esistono, di fatto, regole o valori applicabili perfettamente a ogni situazione: spesso, al contrario, ci sono “scenari” o situazioni che richiedono una scelta difficile e portano anche a violare i principi in cui si credere. Ecco quindi che subentrano i cosiddetti “compromessi morali” (fare esperimenti sugli animali, a patto che servano a salvare delle vite umane). “Questi compromessi sono essenziali perché virtualmente nessuno è un santo” spiega Peter Singer, esperto di Filosofia Morale e Bioetica alla Princeton University che però precisa che ogni caso andrebbe valutato nel merito e che se si attuano spesso dei compromessi che portano vantaggi a discapito di chi ci circonda, allora non siamo in presenza di una “buona” persona. Dalla lunga ricerca di Usa Today si evince come nel campo della morale molto dipenda dal modo in cui si trattano le altre persone: ma chi sono gli “altri”? Sempre Singer ricorda che ci sono differenti tipi di legame ed è questo il motivo per cui certe persone sono buone all’interno della propria “cerchia” e verso coloro che reputano simili, ma cambiano totalmente d’atteggiamento nei confronti di chi presenta delle differenze di razza, genere o orientamenti sessuali. I filosofi della morale affermano che le brave persone sono buone con tutti, che si tratti di familiari o estranei, appartenenti al proprio gruppo o meno. “Un modo per sapere se sei una buona persona sta nel riflettere sul modo in cui si trattano coloro che hanno meno privilegi in relazione a noi” argomenta Khalid Latif, direttore esecutivo dell’Islamic Center presso la New York University. Insomma, una delle basi della morale dovrebbe risiedere nel ritenere che ogni essere umano nasce uguale e merita dignità e dignità di trattamento. L’aspetto negativo della questione è invece la cosiddetta “mentalità tribale” che porta anche le persone ad accettare comportamenti da cui, altrimenti, rifuggirebbero. Circa l’80% degli elettori del Partito Democratico e di quello Repubblicano aderiscono senza esitazione a ciò che dice un candidato solamente perché, dal momento che fa parte della formazione politica per cui si vota, è ritenuto una brava persona.



COME SI FA A DIVENTARE DAVVERO BUONI?

Ma allora come si fa a diventare buoni? Gli esperti delle discipline succitate avvertono che è importante prima di tutto attuare un’auto-riflessione. “Quanto tempo della nostra vita passiamo a guardarci in uno specchio? Non c’è nulla di sbagliato in questo ma confrontiamolo col tempo che abbiamo speso a guardarci dentro” continua Latif che lamenta come, durante il percorso educativo che ciascuno segue negli Stati Uniti, non si cerchi di far capire agli studenti per quale motivo amano ciò che amano e viceversa: ed è in questi spazi vuoti che si nota un’assenza di auto-coscienza. Prima di migliorare, bisogna seguire la massima religiosa iscritta nel Tempio greco di Apollo, “Te ipsum nosce”, ovvero conoscere se stessi e non guardare alle cose buone che si sono fatte ma a quelle cattive che sono state presumibilmente compiute. “Ognuno giudica se stesso in base alle proprie intenzioni, mentre poi esprime giudizi sugli altri sulla base invece delle loro azioni” ammette Pizarro che invita ad avere uno sguardo maggiormente critico sulla propria persona. E questa introspezione non deve essere solo un proposito di inizio anno o un rituale sporadico ma un esercizio da compiere nel corso di tutta la vita. “La Bibbia recita, in Matteo 5:8, che beati sono i puri di cuore perché essi vedranno Dio” dice a Usa Today il reverendo Westley West, pastore fondatore del Faith Empowered Ministries di Baltimora, spiegando la purezza comporta l’accettazione di ciò che siamo: il nostro concetto di moralità è legato strettamente al significato che diamo alla vita “e possiamo provare a definirlo tramite la filosofia, la scienza e la religione ma, per quanto universali siano i valori, dovremo sempre fare lottare per vivere secondo la morale” conclude Singer.