L’autopsia compiuta ieri sul corpo di Sofiya Melnyk non ha contribuito a spazzare via i dubbi in merito alle cause del decesso della donna 43enne di origini ucraine, scomparsa il 15 novembre scorso e rinvenuta cadavere, in fondo a un burrone, nel giorno della Vigilia di Natale. Come rivela Corriere del Veneto ci sono poche certezze: Sofiya è stata uccisa, gettata in un burrone e martoriata dagli animali selvatici al punto da aver danneggiato così tanto il corpo al punto da impedire al medico legale di poter stabilire le cause ma soprattutto collocare l’ora ed il giorno esatto del delitto. Maggiori certezze potrebbero giungere solo in seguito ai risultati degli ulteriori esami e dello studio di larve ed insetti trovati sul cadavere. Un aspetto però emerso con insistenza durante l’autopsia avrebbe a che fare con le numerose lesioni rinvenute sul corpo dal medico legale Alberto Furlanetto. Sebbene non siano state rinvenute ferita da taglio o da arma da fuoco, i traumi sarebbero stati comunque numerosi. Questo aprirebbe a due ipotesi inquietanti che lascerebbero intravedere un doppio scenario choc. Secondo la prima, Sofiya potrebbe essere stata picchiata selvaggiamente con un bastone o con un corpo contundente fino al suo ultimo respiro per poi essere spinta giù nel burrone. Ma c’è una seconda ipotesi, notevolmente più inquietante, ovvero quella secondo la quale la 43enne potrebbe essere stata spinta ancora viva dal terzo tornante del Monte Grappa.
SOFIYA MELNYK, LAVORO COMPLESSO: CHIESTI DUE MESI DI TEMPO
Sul fatto che quel corpo appartenga proprio a Sofiya Melnyk non ci sarebbero più dubbi, ma il medico legale non ha voluto lasciare nulla di intentato ed ha eseguito ulteriori accertamenti comprensivi di prelievi ematici ed istologici e test genetici del Dna. Nei prossimi giorni saranno effettuati anche test tossicologici al fine di conoscere le condizioni psicofisiche della donna al momento del decesso. Al medico legale il compito di studiare i traumi nel tentativo di stabilire l’ordine con il quale sono stati inferti i colpi e quale abbia potuto provocare la morte. Un lavoro certamente complesso e che sarà reso ancora più difficile dalle condizioni in cui è stato rinvenuto il cadavere, come aveva già spiegato ieri l’avvocato Rinaldi che attendeva come tutti i primi esiti parziali dell’autopsia. Grazie ad una tac dunque, sarà possibile lavorare con maggiore attenzione alle condizioni del cadavere della 43enne anche per mezzo delle ricostruzioni tridimensionali che permetteranno di stabilire quali siano stati i traumi relativi agli attacchi degli animali selvatici. Alla luce della complessità, dunque, gli specialisti hanno richiesto due mesi di tempo.