Il Natale, quando arriva, arriva. E’ il presepe che va e viene. Nelle case e in chiesa, non dice niente nessuno, e poi ai bambini piacciono le statuine, quasi quanto gli omìni Lego di Star Wars. In luogo pubblico, specie scolastico, invece, apriti cielo: c’è sempre qualcuno che cerca di fare a botte. Branchi di lupi decisi a sbranare bue ed asinello, se solo osano mettere il muso nell’aula. E adesso, sempre più numerosi,  guardie pretoriane che il bue e l’asinello intendono tutelare con le armi della politica.



I lupi sono travestiti da pecore: non lo fanno mica, dicono, per dar contro al cristianesimo e alla chiesa, lo fanno per non offendere i musulmani. Palla colossale: non c’è un musulmano che sia uno che abbia mai detto beh contro il presepe; ci sono invece decine o forse centinaia di casi di persone di fede islamica che hanno collaborato ad allestirlo. Per essi Gesù è un grande profeta, e la sua mamma è degna di venerazione. Ma tant’è: con l’ignoranza e il pregiudizio le fake news vanno a nozze e diventano mentalità diffusa. 



L’andazzo che ne consegue è espresso, a titolo di esempio, dagli episodi che seguono.  Roma: in una scuola niente albero né presepe, nessun laboratorio né lavoretto natalizio perché questo “prevede la Poses” (posizione organizzativa servizi educativi e scolastici), in pratica il mansionario, che è il corano del dipendente pubblico a posto fisso. Como: in una scuola il presepe “bellissimo, ammirato da tutti i genitori cattolici e non”, non si fa più perché l’autore, il custode dell’edificio, “è andato in pensione”. In compenso la recita si fa: senza riferimenti religiosi, naturalmente. Ma “per scelta, non per censura”. Ah ecco. Così più o meno anche a Castellammare di Stabia: spettacolo degli alunni al teatro Supercinema, senza canti natalizi e senza allusioni al Bambino Gesù (“per non urtare la sensibilità, e bla bla…).



E passiamo sull’altra sponda. Qui i pretoriani sono travestiti da cavalieri del Santo Sepolcro: il loro ideale, dicono, è difendere le radici cristiane, mica dare randellate, o anche solo fare marameo, al saraceno invasore. Dall’Alpi alla Trinacria fioccano le azioni. Il sindaco di Orbassano (Torino) invita le scuole del territorio di sua competenza ad allestire presepi. A Trieste il Consiglio comunale approva all’unanimità una mozione che impegna “sindaco e giunta a far sì che nelle scuole venga realizzato un presepe”. Presepi in tutte le scuole e in tutti i luoghi istituzionali vorrebbe il centrodestra della Regione Veneto, istituendo apposito capitolo di spesa nel bilancio regionale. E il consiglio regionale approva: i soldi, però, dal 2018. Rappresentare la Natività in ogni plesso è quanto dovrebbe chiedere ufficialmente il sindaco di Costalfranco Pandiscò agli Uffici scuola e al dirigente scolastico, secondo la mozione di due cavalieri della locale lista civica. A Varazze la facciata del municipio è diventata un calendario dell’avvento. I cavalieri siculi di Salvini chiedono al governatore Musumeci di finanziare la realizzazione di un presepe in ogni scuola e in ogni luogo istituzionale. Ronde di genitori per la difesa del presepe sono invocate dall’ex sindaco di Padova, Bitonci. Il quale, quand’era in carica, ordinò ispezioni nelle scuole per verificare il corretto rispetto della tradizione natalizia.

In tutti questi casi l’intenzione dichiarata è di difendere “la nostra cultura e la nostra tradizione”, “i suoi simboli”, le “radici cristiane del nostro popolo” e anche eventualmente, e non per tutti, di mandare “un messaggio universale di pace”. 

In tutto questo ambaradan a farne le spese è il povero bambinello. Non la statuina, ma Lui, l’Evento, il Dio fatto uomo, nato, vissuto, morto, risorto, presente qui e ora.  Perché il Natale quando arriva, arriva. Ed è l’annuncio che risuona per tutti, tutti gli anni: è nato. Ma ha ragione Cacciari, quando nella recente intervista al Giornale parla del laico che non si lascia scalfire, dell’insegnante di religione che la butta in educazione civica e del prete che la butta in omelie-placebo. In pratica: abbiamo abolito il Natale. Quando arriva, arriva, sì, ma meglio quando è passato. Hai voglia a scalfire il laico, rinsavire l’insegnante, convertire il prete a colpi di presepe. Hai voglia a salvare il cristianesimo giocando (pericolosamente) al “Piccolo Teocratico” o al Monopoli dello Stato etico” come fanno certi “kantiani a loro insaputa”, che vorrebbero tener su un simulacro di civiltà cristiana (quale poi?) a prescindere da Cristo e dalla libertà degli uomini.

Quell’Evento, infatti, si comunica solo accadendo: ora, e non per modo di dire, come esperienza incontrabile attraverso la testimonianza di chi si è lasciato scalfire e ne porta il segno indelebile della gioia. Perciò, ai neo-teocratici di tutto il mondo io dico: “Giù le mani dal bue e l’asinello, libero presepe in libero Stato!”.