Lo scorso 1 dicembre si è svolta la settima udienza del processo che vede alla sbarra Matteo Cagnoni. L’uomo, noto dermatologo celebre per i suoi clienti vip e le sue ospitate tv, è accusato di aver ucciso la moglie Giulia Ballestri il 16 settembre 2016 a colpi di bastone, in una villa in disuso di sua proprietà nel cuore di Ravenna. Cagnoni continua a respingere le accuse nonostante ad incastrarlo ci siano le immagini delle telecamere ed alcune intercettazioni, oltre che il suo Dna sulla scena del crimine. Il giallo sarà oggi al centro della puntata speciale di Quarto Grado – Le Storie, che ripercorrerà le varie tappe, fino alla passata udienza del processo a carico di Cagnoni la quale ha assunto una importanza particolare per via del teste chiamato dall’accusa a testimoniare. Si è trattato del dottor Giovanni Tadolini, psicologo 67enne bolognese e che tenne in cura la coppia. L’esperto, come riporta RavennaeDintorni.it, ha delineato i profili psicologici della vittima e del suo presunto assassino, al punto da dichiarare: “Lei aveva un quadro orientato in senso depressivo ma più come un atteggiamento di passività piuttosto marcato, lui ha sempre mostrato un disturbo della personalità con uno sfondo narcisistico”. Lo psicologo conobbe il dermatologo ancor prima del suo matrimonio con Giulia Ballestri, mentre l’incontro con quest’ultima avvenne nel 2015, su richiesta dello stesso Cagnoni e nonostante le perplessità del professore. Dalle parole del teste sarebbe emersa la totale passività della vittima ad affrontare ciò che non andava nel suo matrimonio “che non gradiva”. “A Giulia pesava molto che Matteo fosse molto condizionante nell’organizzazione della vita. Diceva che era un rompipalle ma diceva anche che aveva paura di perderlo perché per lei era stato un grandissimo punto di riferimento”, ha riferito in aula lo psicologo.



IL PROFILO PSICOLOGICO DI MATTEO CAGNONI

Secondo Matteo Cagnoni, la moglie Giulia Ballestri da tempo soffriva di depressione. Circostanza, questa, che sarebbe stata ribadita anche nelle testimonianze raccolte nelle precedenti udienze del processo a carico del dermatologo. Stando a quanto emerso, sarebbe stato lo stesso Cagnoni a fornire degli antidepressivi alla donna. A tal proposito lo psicologo intervenuto nell’ultima udienza aveva commentato: “Io consigliai a Giulia di andare da uno psichiatra perché non era il caso che Matteo le procurasse gli psicofarmaci”. Lo stesso imputato per alcuni periodi ha assunto farmaci simili che lo stesso si auto prescriveva. Quanto poi Matteo iniziò a intravedere la possibilità di una separazione della moglie, iniziò a perdere il controllo. Racconta in merito Tadolini: “La possibilità della separazione lo angosciava molto, mi chiamava spesso per lenire la propria angoscia”. L’esperto in aula ha confermato la tendenza di Cagnoni a controllare tutto, una tendenza che forse era andata peggiorando dopo aver iniziato a vedere la moglie sempre più sfuggente. Da qui la decisione del presunto assassino di ingaggiare un investigatore privato. “Cagnoni me lo disse tra inverno e primavera del 2016. Credo di avergli detto che era una stupidaggine, ero dissenziente per filosofia: non si fa e basta”, ha commentato Tadolini in aula replicando alla raffica di domande dell’accusa. Poi, tornando a parlare del quadro psicologico dell’imputato, lo psicologo ha chiosato: “Per lui la perdita dell’immagine era vissuta come un fatto drammatico”. Tuttavia, dopo aver chiesto a Giulia se mai l’uomo avesse reagito in modo violento, a detta del professore la donna negò. Nonostante questo, capitò di rivederli ancora insieme in occasioni pubbliche e di riscontrare nella coppia una sorta di fasulla sintonia, il tutto finalizzato a non perdere l’immagine che avevano dato fino a quel momento in pasto al pubblico.

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