Marco Vannini poteva salvarsi? E’ questa la domanda che ha caratterizzato l’intero giallo sul delitto del 20enne consumatosi il 17 maggio 2015 nella villetta dei Ciontoli, famiglia dell’allora fidanzata del giovane, a Ladispoli. Il medesimo quesito è stato posto in più occasioni anche nel corso della trasmissione Quarto Grado, che ha sempre seguito da vicino il giallo, ripercorrendo le fasi delle indagini e quelle del processo in corso. Oggi, l’omicidio di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola esploso da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina, sarà ripercorso in ogni sua tappa nel corso della puntata speciale della trasmissione di Rete 4 dal titolo “Le Storie”. La famiglia della giovane vittima ancora attende giustizia e dopo l’esito della super perizia emerso nelle passate settimane, proprio la madre di Marco, Marina Conte, aveva commentato a Baraondanews.it: “Posso dire che una parte di me è sollevata per l’esito della perizia ma ho anche la consapevolezza, per l’ennesima volta, che mio figlio poteva essere salvato, e questo mi distrugge, è un’altra pugnalata che mi arriva”. Una perizia importantissima che ha fornito la risposta che in tanti attendevano: “una tempestiva attivazione del corretto iter diagnostico- terapeutico avrebbe garantito al Vannini l’accesso ad un livello adeguato di cure ed allo stesso tempo contrastato l’insorgenza delle complicanze postoperatorie o delle sequele dello shock ipovolemico potratto, scongiurandone, con elevata probabilità, l’exitus”. La super perizia era stata depositata lo scorso novembre dopo essere stata disposta dalla Corte D’Assise, e dopo quanto emerso la madre di Marco aveva considerato ormai concluso il processo ai Ciontoli, tutti accusati di omicidio volontario in concorso. “Avrebbero potuto salvarlo”, è l’urlo di dolore della donna, che ora chiede che ciascuno di loro paghi per le proprie responsabilità.
MARCO VANNINI, LO SCENARIO ALTERNATIVO IPOTIZZATO DA ROBERTA BRUZZONE
Dopo l’ultima novità giunta nel mezzo del processo per il delitto di Marco Vannini, era intervenuto anche l’avvocato difensore della famiglia della vittima, Celestino Gnazi, il quale aveva commentato: “E’ la conferma definitiva che la famiglia Ciontoli avrebbe potuto salvare Marco”. Lo si era detto più volte, solo ipotizzandolo, ma le parole emerse dalla perizia non lasciano ulteriori dubbi. Una posizione del tutto differente, quella avanzata dagli avvocati Pietro Messina a Andrea Miroli, legali difensori della famiglia Ciontoli che sempre in merito alla super perizia avevano fatto intendere come ciò non andasse ad aggiungere, di fatto, nulla di nuovo. A loro dire, infatti, i periti non avrebbero eseguito “alcun accertamento sui mezzi di soccorso effettivamente disponibili nel territorio la notte del 17 maggio e sui movimenti che gli stessi avrebbero dovuto fare (per disposizioni delle autorità competenti) nel caso di specie”. Una cosa è certa: al di là della guerra tra le varie parti, Marco Vannini quella sera fu ucciso e con la sua confessione Antonio Ciontoli avrebbe cercato di scagionare l’intera famiglia da ogni responsabilità. La sua deposizione nel corso del processo non avrebbe convinto neppure la criminologa Roberta Bruzzone, la quale di recente aveva espresso i suoi dubbi senza escludere un possibile scenario alternativo. E se Ciontoli avesse detto di aver esploso per sbaglio il colpo di pistola per proteggere un altro membro della sua famiglia? Un’altra domanda, questa, che si accumula alle precedenti ma che ad oggi non avrebbe ancora trovato una risposta certa nel mare delle tante ipotesi che ruotano sull’intero giallo.