Mentre si attende con ansia la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino sul caso di Elena Ceste, la donna scomparsa da Costigliole d’Asti il 24 gennaio 2014 e poi rinvenuta senza vita in un canale del Rio Mersa, per il cui omicidio è imputato il marito Michele Buoninconti, arriva una prima pronuncia rispetto ad un filone d’inchiesta parallelo alla vicenda principale. Come riportato da La Stampa, è stato infatti condannato a 10 mesi di reclusione Vito Ruggiero, savonese di 40 anni che aveva asserito di aver scambiato chat con Elena Ceste fornendo false informazioni al pm. Nei giorni in cui la scomparsa di Elena Ceste era diventata di dominio pubblico, Ruggiero si era presentato dai pm fornendo una falsa documentazione a testimonianza dei dialoghi intercorsi in chat con la mamma di Costigliole d’Asti. Nelle conversazioni, poi risultate false, Ruggiero sosteneva di aver avuto conferma da parte della donna di un rapporto contrastato con il marito Michele Buoninconti. Alla base dell’invenzione di Ruggiero le molte richieste di interviste televisive pervenutegli.



Si avvicina sempre di più la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino a carico di Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste e accusato del suo omicidio e dell’occultamento del cadavere. Una sentenza che potrebbe vedere la conferma della pena inflitta all’ex vigile del fuoco di Asti in primo grado il 4 novembre 2015 e pari a 30 anni di reclusione, come avanzato dal pm. I legali dell’uomo, di contro, continuano ad essere fiduciosi, come emerso dalle loro parole al termine della passata udienza nella quale sono intervenuti chiedendo l’assoluzione totale in favore del proprio assistito. “Michele Buoninconti non ha ucciso la moglie, per questo chiediamo la sua assoluzione”, avevano detto al cospetto della Corte, come riporta l’agenzia di stampa Agi. L’avvocato Mazzarita, legale del presunto assassino di Elena Ceste, si era detto fiducioso, al pari di Buoninconti, ribadendo come l’accusa continui ad escludere la morte accidentale della donna e mamma di Costigliole d’Asti scomparsa il 24 gennaio 2014 e rinvenuta cadavere nove mesi dopo in un canale del Rio Mersa. Un’ipotesi invece più che plausibile per la difesa dell’imputato, alla luce di una serie di elementi, “per le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere e, soprattutto, per lo stato psichico della vittima, che all’epoca dei fatti non stava bene”. Su quest’ultimo aspetto si è espressa di recente la criminologa Roberta Bruzzone che, sulle pagine del settimanale Giallo, rievocando i punti di forza della difesa di Michele Buoninconti ha asserito: “Non è mai riuscita (la difesa, ndR) a provare che la donna abbia avuto una crisi psicotica la mattina in cui è misteriosamente scomparsa dalla sua abitazione”. Aspetto molto delicato ma saliente, anche perché Elena Ceste prima di far perdere le tracce non aveva mai manifestato segni di squilibrio né aveva alle spalle una storia di rilevanza psichiatrica. Proprio sotto il profilo psicologico, la Bruzzone sottolinea come lo stesso Michele Buoninconti non abbia affatto intenzione di mollare la presa nei confronti dei quattro figli avuti dal suo matrimonio con Elena Ceste. A tal proposito i legali di parte civile nel descrivere il contenuto delle missive destinate ai figli ma che non sarebbero mai giunte nelle mani dei minori in quanto ritenute “destabilizzanti” dagli psicologi, hanno evidenziato un “comportamento manipolatore e vessatorio” da parte dell’uomo. La criminologa non ha nascosto la medesima opinione in merito ribadendo “l’indole manipolatoria dell’imputato” e la sua “propensione ad annullare la volontà altrui con ogni mezzo”. Alla luce di tutti gli elementi discussi dall’accusa e dalla difesa, la Corte avrà tutte le informazioni utili per giungere ad una sentenza di condanna o assoluzione a carico di Michele Buoninconti e che è attesa per il prossimo 15 febbraio.

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