Caro direttore,

L’ormai nota frase di Papa Francesco “non siamo in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca” si documenta sempre più nell’ambito dell’esperienza che vivo in mezzo ai ragazzi, incontrando tanti giovani e numerose famiglie che a me si rivolgono come all’intera esperienza de l’Imprevisto.



Un tempo, nelle epoche passate, il male, il dramma, la disgrazia, il fatto grave, capitava, lo si incontrava, ci si cadeva dentro, succedeva, era sfortuna, malasorte, toccava… Ora lo sceglie la persona: è una decisione, un atto deliberato dell’interessato.

Lo si capisce, ad esempio, se si pone attenzione all’espressione usata dai ragazzi che ricorrono alle sostanze: “mi faccio”. Come se intendessero dire “mi creo io”, “mi costituisco io”, “mi costruisco io da solo, con le mie mani, solo contro tutto e tutti”. Fino ad una quindicina di anni fa non usavano il verbo “farsi”. Bensì quello più naturale e diretto di “drogarsi”. Peraltro questo verbo “farsi” ormai è entrato nella mentalità comune: ci facciamo un caffè, mi faccio un vestito, mi faccio una vacanza, ho fatto la morosa.



Lo si capisce anche riflettendo sulla modalità usata da un certo numero di ragazzi quando vengono a parlare, meglio a comunicare, a ufficializzare la scelta intrapresa e immancabilmente si esprimono con queste parole: “Ho scelto, ho deciso, ti comunico che ormai ho stabilito che voglio essere… omosessuale… bisessuale… voglio cambiare sesso… voglio essere anoressica… ho scelto di drogarmi…”.

Insomma, sanciscono solennemente e pubblicamente: la mia vita è nelle mie mani. Della vita posso decidere e disporre a mio piacimento. Essa è in mio potere e questo potere – estremo, abnorme potere – lo userò come una clava per raggiungere la soddisfazione di ogni interesse, di ogni emozione che mi passa per la testa.



Siamo riusciti a rendere la vita di questi ragazzi così sconsolatamente piatta che pensano che la realtà sia solo quello che vive dentro di loro. Niente vale se non quello che mi vive dentro.

La realtà invece è immensa, infinita, sovrabbondante di bellezza, di grazia, di incontri, di persone, di fatti belli e utili, piena di corrispondenza, di meraviglia, di interesse, di avventura, il bene che in essa vive e si manifesta è senz’altro immensamente superiore al male che pure vi alberga quanto è vero e giusto il famoso “solo lo stupore conosce!” che citava Giussani).

Non sono io a fare la vita, ma il bello e il grande è se e quando la vita fa me, mi viene incontro e mi “invita” — appunto, mi chiama dentro la vita — a grandi cose. 

La vita è una chiamata, una vocazione — si diceva quando eravamo piccoli. Altro che mi faccio io, scelgo io, decido io. Ricordo ancora oggi con commozione che quand’ero piccolo tutto, veramente tutto ciò che era sulla terra e nell’intero mondo, tutto incitava a vivere, spingeva ad essere, smuoveva un interesse, spronava alla curiosità, sprigionava energie insperate e incredibili. Tutto mi guardava e mi chiamava.

La vita è un tu. E’ un Tu, una vita così Vita che ha un fascino, un’attrattiva così vasta che porta con sé anche un metodo, una strada per seguirla. Non quindi seguire i miei pensieri, i miei progetti, le miei idee, le mie immagini…