Ha scosso non poco il caso del 16enne suicida a Lavagna lo scorso lunedì, dopo essersi lanciato dal terzo piano della sua abitazione, davanti la madre. Il giovane ha deciso di farla finita in modo drammatico, dopo essere stato trovato in possesso di hashish. A parlare dopo il suicidio del figlio 16enne è stato il padre che, come riporta IlGiornale.it, a La Stampa ha rilasciato una lunga intervista interrogandosi anche sul suo ruolo di genitore: “Mi chiedono se mi ritengo comunque un bravo padre. No, non lo sono stato. Non ho saputo capire mio figlio”. Secondo il racconto di una amica, la quale ha ammesso di conoscerlo sin dalle scuole elementari, nel 16enne era visibile “un malessere che lo tormentava”. La ragazza era rimasta molto scossa da una loro conversazione: “Con me ha fatto un discorso generale, senza parlare di fatti specifici. Ricordo una sua frase: ‘Tanto finisce tutto male'”, ha dichiarato. Il padre del 16enne suicida non rimprovera nulla alla Guardia di Finanza che aveva fermato il figlio all’uscita della scuola. Alle Fiamme gialle il giovane aveva rivelato di essere in possesso di un certo quantitativo di hashish in casa. “Cosa sarebbe stato opportuno oppure no non dobbiamo dirlo noi. Loro hanno fatto quello che dovevano”, ha aggiunto il padre.
E’ tragedia in provincia di Genova, dove un 16enne è morto suicida a Lavagna. Giò, come era conosciuto da tutti, era una piccola promessa del calcio locale ed era conosciuto come un trascinatore. Il triste episodio sarebbe avvenuto inoltre lo scorso lunedì, di fronte agli occhi della madre della vittima, che ha visto il ragazzo lanciarsi dalla finestra del terzo piano. L’adolescente era tornato infatti a casa accompagnato da tre finanzieri, a cui aveva segnalato poco prima di aver nascosto in casa un certo quantitativo di hashish. La confessione del giovane era arrivata dopo il fermo delle autorità, di fronte alla scuola, dove era stato trovato in possesso di hashish. Il padre del ragazzo, ancora scosso dalla tragedia, ha rivolto parole di speranza a tutti gli amici del figlio, molti a loro volta giocatori delle squadre locali, ragazzi ancora nel pieno della vita. “Speriamo che questa tragedia serva”, avrebbe detto ad uno degli amici di Giò, sottolineando come dovesse diffondere l’importante messaggio che la morte del figlio poteva dare a tutta la sua generazione. “Voglio che tu dica ai ragazzi che ogni papà, ogni mamma”, ha detto rivolgendosi ad un amico, il mister della squadra in cui giocava Giò, “tu stesso, tutti gli allenatori e il nostro parroco, sono persone che non sono lontane da loro”. L’unico rammarico del padre, giornalista e animatore per la Entella TV di una trasmissione sul calcio, è forse di non aver capito fino in fondo il figlio, adottato in Colombia quando aveva appena un anno. Puntuale l’intervento del procuratore di Genova, Francesco Cozzi, come sottolinea Il Corriere della Sera, che si è chiesto quanto, in questi casi, le autorità non debbano prevedere che un ragazzo di un’età fragile “non abbia diritto ad un aiuto psicologico nel caso di una perquisizione”, pur sottolineando che l’intervento dei tre finanzieri in questione si è svolto in modo regolare.