Nel corso del processo sul duplice omicidio di Trifone e Teresa, udienza dopo udienza viene a galla il tipo di rapporto esistente tra l’imputato e l’ex militare ucciso. A rivelare qualcosa di più, soprattutto da un punto di vista psicologico, nel corso della passata udienza è stato il colonnello Bonifazi, che è riuscita a intravedere nel rapporto tra Giosuè e Trifone l’invidia ma anche il desiderio dell’imputato di somigliargli. Come rivela Il Messaggero Veneto, in Ruotolo sembravano convivere diversi sentimenti, spesso contraddittori, nei confronti dell’ex coinquilino: “Fastidio e ammirazione, distacco e invidia”. Del loro rapporto complesso il colonnello Bonifazi ha tentato di far luce in aula lo scorso lunedì. “In quell’appartamento c’era una competizione continua, tra i maschi, nel voler raggiungere questo profilo, da una parte odiato dall’altra imitato, di Trifone. Ruotolo voleva assomigliargli anche fisicamente”. E’ quanto emerge dal tentativo di Ruotolo di portare la barba come Trifone e di volersi atteggiare come lui. “Trifone poteva essere vissuto come un elemento disturbante con le sue performance sessuali non nascoste all’interno della casa ma dall’altra parte anche come un idolo, un modello a cui tendere, in particolare da parte di Ruotolo, che non aveva modo di raggiungerlo e di eguagliarlo”, ha aggiunto il colonnello chiamato a testimoniare.



Su Trifone e Teresa e il processo in carico a Giosuè Ruotolo le ultime novità restano legate alla testimonianza preziosa di Anna Bonifazi, colonnello dei Rocis, che si è occupata delle analisi sul profilo Facebook da dove sono partite le molestie contro Teresa Costanza. La replica della difesa di Giosuè Ruotolo al processo sul delitto di Pordenone è stata però veemente: «L’accusa non è stata in grado di accertare l’orario esatto del delitto, come fa a dire che il nostro assistito era lì al momento degli spari – hanno dichiarato Giuseppe Esposito e Roberto Rigoni Stern –? Il profilo “Anonimo anonimo” risale a 9 mesi prima, la lite fra Giosuè e Trifone non c’è mai stata, l’unico proiettile su cui è stato trovato un profilo dna diverso da quello delle vittime non porta a Ruotolo». Stando al report de Il Messaggero Veneto, è arrivata anche la replica diretta alle parole della Bonifazi, sempre dagli avvocati di Ruotolo (che ancora non ha parlato), «la Bonifazi non ha mai incontrato nè lui nè Rosaria. Ricava la sua analisi comparando le parole usate nel profilo “Anonimo Anonimo” con quelle contenute in 10 dei 2 mila sms che i due si sono scambiati e il nostro ordinamento non consente di usare la sua attività da profiler quale elemento indiziante».



Lo scorso lunedì si è svolta una nuova udienza sul duplice delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i fidanzati uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palasport di Pordenone. A sedere al banco degli imputati è Giosuè Ruotolo, presente anche in occasione della diciassettesima udienza che ha visto intervenire alcuni militari che si sono occupati delle indagini sul duplice omicidio. Tra questi, ad aver avuto un’enorme importanza è stata anche la presenza di Anna Bonifazi, colonnello del Rocis e che si è occupata nell’ottobre 2015 delle analisi compiute sul profilo Facebook ‘Anonimo anonimo’. Si tratta nello specifico dell’account dal quale partirono i messaggi molesti diretti a Teresa e che potrebbe rappresentare anche l’inizio del piano omicida messo a punto da Giosuè Ruotolo. Secondo l’accusa, infatti, quando Trifone scoprì che dietro a quei messaggi ricevuti in forma anonima dalla fidanzata potesse esserci proprio l’ex commilitone ed ex coinquilino di Somma Vesuviana, tra i due ci fu una scazzottata e la minaccia da parte del militare di Adelfia di distruggere la carriera del presunto molestatore di Teresa. Questo potrebbe essere anche il movente dietro il duplice delitto. Nel corso dell’ultima udienza, il colonnello Bonifazi ha riportato diverse ricorrenze stilistiche tra il contenuto dei messaggi di ‘Anonimo anonino’ e quello degli sms dell’imputato. Ad aumentare le similitudini tra i due, sempre a detta dell’esperta sarebbe l’assenza di una parte emozionale, la quale non è stata intravista neppure all’interno delle conversazioni avute con la fidanzata Maria Rosaria Patrone. E’ questo aspetto che avrebbe portato alla conclusione clamorosa che la ragazza potesse essere stata la “mente” dei messaggi inviati tramite la chat di Facebook a Teresa, mentre l’allora fidanzato Giosuè Ruotolo sarebbe stato il “braccio”. Nel corso delle indagini, in particolare, ci sarebbe stato un elemento oltremodo sospetto e rappresentato dall’utilizzo, nei messaggi inviati alla vittima, della parola “pervertito”, in riferimento a Trifone. Si tratta di un termine definito dal colonnello “particolare”, il quale non sarebbe occorso più di cinque volte all’interno delle conversazioni tra Teresa e ‘Anonimo anonimo’, considerato piuttosto obsoleto nel linguaggio dei giovani. “Il termine è stato trovato sia in Anonimo Anonimo che in un messaggio che la Patrone manda al fidanzato riferito a altra persona”, ha asserito la Bonifazi, sottolineando come la coincidenza abbia fatto molto riflettere coloro che erano impegnati nelle indagini. In seguito alle parole del colonnello Bonifazi, il presunto assassino di Giosuè Ruotolo ha avuto una serie di reazioni di disappunto, come evidenziato da Il Gazzettino. L’imputato avrebbe infatti borbottato e scosso spesso la testa, sussurrando qualche parola all’avvocato difensore Esposito. A farlo innervosire sarebbe stata soprattutto la tesi secondo la quale l’obiettivo del profilo Facebook era quello di distruggere la relazione amorosa tra i due fidanzati uccisi. A commentare l’esito della passata udienza è stato anche l’avvocato della famiglia di Teresa, Giacomo Triolo, il quale ha evidenziato: “Il quadro accusatorio è sempre più grave nei confronti dell’imputato Ruotolo”. Importante, a questo punto, la deposizione di Maria Rosaria Patrone, che sarà ascoltata presso la Corte di Udine entro la fine del mese.

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