Il Delitto di Cogne sullo sfondo e una novità per Annamaria Franzoni non certo positiva per la casalinga condannata per aver ucciso il figlio Samuele Lorenzi: dovrà risarcire l’avvocato Carlo Taormina, che l’ha assistita fin dalle prime accuse del delitto avvenuto nel 2002, per un mancato compenso di 275mila euro per la difesa nel processo sul delitto di Cogne. Lo ha deciso il tribunale civile di Bologna: sommata di Iva, interessi e cassa previdenza avvocati, la cifra totale si aggira attorno ai 400mila euro, una cifra enorme per una donna agli arresti domiciliari dal 2014. La Franzoni, condannata nel 2008 a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele, fu assistita da Taormina fino al 2007, quando il legale rinunciò al mandato. La vicenda arriva da lontano visto che l’avvocato, assistito dal figlio Giorgio Taormina, nel 2013 aveva già citato in giudizio Annamaria Franzoni chiedono onorari mai pagati per 771mila euro, di cui circa 14mila riferibili al marito Stefano Lorenzi per alcune querele predisposte dal legale.
Annamaria Franzoni ha provato a difendersi in questi anni ribattendo all’accusa di non aver mai pagato l’avvocato Taormina, che l’avvocato avrebbe promesso totale gratuità per il caso mediatico forse più noto degli ultimi 20 anni di cronaca nera. La difesa di Franzoni, assistita dagli avvocato Lorenzo Imperato, Cristiano Prestinenzi e Livio Bonazzi, sostiene che fin dall’inizio Taormina avesse pattuito la gratuità della prestazione. Il giudice Giuseppina Benenati, però, osserva che non c’è prova di questo accordo né la rinuncia al compenso da parte di Taormina è stata espressa o manifestata. La donna lo aveva accennato nel suo libro, ma la prova non basta secondo i giudici per stabilire l’assoluzione. Il giudice spiega: «Franzoni e Lorenzi sono caduti nell’equivoco sulla gratuità dell’attività dell’avvocato Taormina per loro disattenzione, posto che per qualsiasi incarico il cliente è tenuto al pagamento di tutte le attività svolte dal professionista fino al momento della revoca». Non solo, il giudice di Bologna ha rigettato anche le richieste del marito e padre del piccolo Samuele che pretendevano a loro volta un risarcimento da 200mila euro, ritenendosi danneggiati dal coinvolgimento nel processo Cogne-bis contro l’avvocato Taormina.