Dei tre romeni evasi dal carcere di Sollicciano si era detto inizialmente che avessero operato un foro nella propria cella, e che dopo essersi calati con delle lenzuola avessero trovato un complice ad aspettarli al di là del muro di cinta. La ricostruzione fatta da Eleuterio Grieco, segretario del sindacato degli agenti Uilpa, è differente:”Potrebbero aver usato sottilissimi fili facilmente introducibili in carcere chiamati comunemente ‘capelli d’angelo’”. Gli evasi, ha spiegato Grieco, si trovavano nella prima sezione dell’istituto penitenziario:”È quella aperta dalla mattina fino alle 19, dove i reclusi sono parzialmente liberi di girare fuori dalle celle”. La normativa delle celle aperte è stata fortemente voluta dall’Unione Europea, attenta a garantire i diritti dei detenuti. Peccato, però, che a Sollicciano questa pratica risulta “troppo rischiosa visto che manca la vigilanza. È stata un’evasione annunciata. Il carcere di Sollicciano non è sicuro, lo ripetiamo da mesi. Il 90 per cento dei dispositivi di videosorveglianza non funziona, il muro di cinta è a rischio crollo e pertanto chiuso, senza sentinelle in grado di controllare “. 

I tre romeni evasi ieri sera dal carcere di Sollicciano, a Firenze, nel mettere in atto il loro piano di fuga hanno potuto beneficiare dell’aiuto dei loro ex compagni detenuti, che hanno fatto perdere minuti preziosi ai secondini impegnati nell’identificazione di Ciocan Danut Costel, Bordeiano Costel e Doncin Constantin Catalin. A riferirlo è Il Corriere Fiorentino, sottolineando che gli agenti penitenziari, inizialmente convinti che ad aver scavalcato il muro di cinta fossero stati degli algerini, per mezzora hanno dovuto fare l’appello procedendo così per esclusione. La stessa fonte riferisce che gli inquirenti in queste ore stanno effettuando diverse perquisizioni anche in zone di campagne: ricerche sono state compiute in alcuni casolari a Scandicci e ad Ugnano, ma dei tre evasi per il momento non si hanno notizie. In Toscana, oltre ad essere stati disposti diversi posti di blocco, sono stati rafforzati i controlli anche nelle stazioni ferroviarie e nella stazioni dei bus.

Continua a far discutere la vicenda dei tre evasi dal carcere di Sollicciano, a Firenze: i romeno specializzati in furti-lampo che ieri dopo aver praticato un buco nelle loro celle, si sono calati nel cortile del penitenziario con delle lenzuola e hanno poi trovato la libertà dopo aver scavalcato il muro di cinta. Secondo Giuseppe Proietti Consalvi, vice segretario generale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma Polizia Penitenziaria), come riportato da Il Fatto Quotidiano, “più volte si è chiesto lo sfollamento dei detenuti per motivi di sicurezza, anche legati alla mancata vigilanza del perimetro del carcere fiorentino, ma l’amministrazione penitenziaria finora ha preferito non ascoltare il grido di aiuto del sindacato. Il regime di apertura completa della popolazione detenuta non ha agevolato il controllo e il mantenimento dell’ordine e della sicurezza dell’Istituto, lasciando in pratica da solo il personale di polizia penitenziaria. Speriamo che, dopo questo fatto i vertici dell’amministrazione penitenziaria paghino per le proprie responsabilità”. Nel frattempo l’Ansa riferisce che i carabinieri stanno analizzando le riprese effettuate dalle telecamere della zona per chiarire le modalità della fuga. Allo stesso tempo sono in corso accertamenti per verificare la presenza di eventuali fiancheggiatori all’interno dello stesso istituto penitenziario. 

Sono Ciocan Danut Costel, Bordeiano Costel e Doncin Constantin Catalin i tre romeni evasi ieri sera dal carcere di Sollicciano, Firenze, calandosi dal muro di cinta con delle lenzuola. I tre ex detenuti, come riportato da Rai News, erano stati arrestati dai carabinieri di Firenze e Lucca soltanto pochi giorni fa (ai primi di febbraio, ndr), e sono considerati “pericolosi” dalle forze dell’ordine. La specialità dei malviventi, qui le loro foto, sarebbe la razzia, in circa un minuto e mezzo, gioielli, cellulari, tablet, e auto di grossa cilindrata. E a proposito di auto, l’ipotesi degli inquirenti riportata da Rai News, è che ad attendere i tre evasi di Sollicciano al di là del muro di cinta vi fosse qualcuno che li ha aiutati a far perdere le loro tracce in macchina. Della fuga si sarebbero accorti gli agenti penitenziari durante un controllo, avvenuto all’incirca mezzora più tardi dell’evasione. Sulle tracce dei tre romeni vi sono anche i cani molecolari dell’unità cinofila dei carabinieri di Firenze.

Rocambolesca fuga per tre detenuti di Sollicciano, a Firenze, che nella giornata di ieri sono riusciti ad evadere dal carcerre grazie all’inagibilità di uno dei muri di cinta. In questo punto, infatti, non erano previste telecamere in quanto la zona era stata considerata pericolante già un anno e mezzo fa. Così ha spiegato il Vice Segretario generale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma Polizia Penitenziaria, ndr), che ha puntato il dito contro l’amministrazione fallace nel risolvere in tempi brevi la problematica. Secondo le prime ricostruzioni, i tre detenuti, forse di nazionalità rumena, sono riusciti ad uscire dalle celle in cui erano confinati scavando un buco in una delle pareti, per poi scavalcare il muro di cinta grazie ad un lenzuolo. I tre sarebbero inoltre noti alle autorità per via di furti istantanei – 1 minuto e mezzo a colpo, ndr – messi in atto dalla banda di cui facevano parte altre 22 persone, tutte di nazionalità rumena. L’allarme è scattato mezz’ora più tardi, quando gli agenti penitenziari hanno fatto il controllo delle celle ed hanno scoperto l’assenza dei tre carcerati. Si giustifica intanto il Sappe, il Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, che tramite le parole di Donato Capece ha sottolinato come quella zona fosse interdetta anche per “la pattuglia automontata” per via del crollo del parametto del muro di cinta. Ad un anno e mezzo dell’ufficialità dell’inagibilità del luogo, continua Capece a Il Fatto Quotidiano, “nulla ha fatto anche il Sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, che venerdì era stato a Sollicciano”. L’evasione dei tre detenuti sarebbe stata possibile grazie anche alla cosiddetta vigilanza dimanica, che prevede un numero esiguo di poliziotti “a favore di un regime penitenziario aperto”. In pratica, il protocollo prevede un aumento delle ore che i carcerati possono trascorrere fuori dalle celle assegnate.