«Nella semplicità del mio cuore lietamente Ti ho dato tutto»: così Don Giussani in uno dei suoi discorsi e testimonianze  più vibranti, tenute verso la fine della sua vita terrena nell’incontro del Papa San Giovanni Paolo II a Roma il 30 maggio 1998. Uno discorso che è probabilmente lìessenza di questo sacerdote che in Italia e nel mondo ha portato la linfa di un modo particolare di vivere e testimoniare la fede, creando e ingranando il movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione. Il “pretino” nato a Desio nel 1922 crebbe fino a compiere i primi passi da giovanissimo sacerdote nel 1954 al liceo Berchet di Milano, insegnando religione fino al 1967: è proprio in quegli anni che la sua volontà di cominciare la fede affascinò centinaia di giovani fino a fondare i movimento di Gioventù Studentesca prima e Comunione e Liberazione dopo. Una sfida che in quel 1998 venne resa interamente “pubblica” in quel discorso a suo modo rivoluzionario: esageriamo? Seguiamo: ««Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8). Nessuna domanda mi ha mai colpito, nella vita, così come questa. C’è stato solo un Uomo al mondo che mi poteva rispondere, ponendo una nuova domanda: «Qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà se stesso? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio di sé?» (Mt 16,26; cfr. Mc 8,36ss; Lc 9,25s). Nessuna domanda mi sono sentito rivolgere così, che mi abbia lasciato il fiato mozzato, come questa di Cristo! Come questa letizia, che è gloria umana di Cristo, e che mi riempie cuore e voce in certi momenti, può essere scoperta vera, ragionevole all’uomo di oggi?». Proprio l’essenza della sfida della fede alla realtà complessa, secolarizzata e assai diversa da 60 anni fa è il fulcro dell’agire e del pensiero di Don Giussani, di cui oggi si festeggia il 12esimo anniversario dalla morte di questo Servo di Dio scomparso il 22 febbraio 2012. Un’esperienza cristiana che possa essere ragionevole, incancellabile e tutto l’opposto del “solo” sentimento cristiano. Una esperienza prima ancora che un pensiero, un incontro prima ancora che un discorso: Don Giussani comunicava questo e in quel discorso del 1998 davanti al Papa (con cui condividerà anche la morte, a pochi giorni di distanza l’uno all’altro) lo esemplificò così; «la libertà dell’uomo, sempre implicata dal Mistero, ha come suprema, inattaccabile forma espressiva, la preghiera. Per questo la libertà si pone, secondo tutta la sua vera natura, come domanda di adesione all’Essere, perciò a Cristo. Anche dentro l’incapacità, dentro la debolezza grande dell’uomo, è destinata a perdurare l’affezione a Cristo». Il richiamo tanto caro anche all’attuale pontefice, Papa Francesco, alla Misericordia come cifra ultima che permette l’impossibile altrimenti rapporto tra il finito e l’infinito: «l mistero della misericordia sfonda ogni immagine umana di tranquillità o di disperazione; anche il sentimento di perdono è dentro questo mistero di Cristo. Questo l’abbraccio ultimo del Mistero, contro cui l’uomo – anche il più lontano e il più perverso o il più oscurato, il più tenebroso – non può opporre niente, non può opporre obiezione: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene. Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia». La più alta forma di preghiera e di adesione ad una realtà drammatica come la nostra è per Don Giussani la mendicanza, con la quale ha guidato il Movimento di Comunione e Liberazione fino alla sua morte; una mendicante che di fronte alla Chiesa in quel pomeriggio a Roma viene meravigliosamente indicata come “duplice” e paradossale. «l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».



In occasione del 12° anniversario della morte del Servo di Dio don Luigi Giussani (22 febbraio 2005) e del 35° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione (11 febbraio 1982), si stanno celebrando Messe in Italia e nel mondo, presiedute da cardinali e vescovi. Alle messe, la Fraternità di Cl ha affidato un messaggio e una intenzione da leggere all’interno delle Sante Celebrazioni: «Chiediamo a Dio la grazia di seguire senza riserve l’invito di Papa Francesco a mendicare e imparare la vera povertà che “descrive ciò che abbiamo nel cuore veramente: il bisogno di Lui”, per vivere la vita sempre come un inizio coraggioso rivolto al domani». Non solo, Oltre alla frase citata nell’intenzione di preghiera, nella lettera inviata a don Julián Carrón (presidente della Fraternità di CL) Papa Francesco ha scritto anche: «In un mondo lacerato dalla logica del profitto che produce nuove povertà e genera la cultura dello scarto, non desisto dall’invocare la grazia di una Chiesa povera e per i poveri. Non è un programma liberale, ma un programma radicale perché significa un ritorno alle radici. Il riandare alle origini non è ripiegamento sul passato ma è forza per un inizio coraggioso rivolto al domani. È la rivoluzione della tenerezza e dell’amore. Per questo chiedo anche a voi di unire gli intenti verso questo obiettivo. Vi auguro di lavorare con serenità e con frutto, e di testimoniare con coraggio l’autenticità della vita cristiana». Nella lettera agli aderenti del Movimento l’attuale presidente della Fraternità, don Carrón ha scritto «Dio non finisce mai di stupirci. Come non essere colpiti e grati per questo regalo inaspettato di un padre, che si prende così a cuore il destino dei suoi figli!». (Niccolò Magnani)

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