Una decisione che sta aprendo un dibattito profondo e che va a toccare diritti come la libertà di opinione e la discriminazione professionale. La regione Lazio ha bandito un concorso che prevede la sola assunzione di ginecologi non obiettori di coscienza con in più una clausola preoccupante: licenziamento in caso cambiassero opinione diventando obiettori. Per il professor Andrea Nicolussi, docente al dipartimento di Scienze giuridiche all’Università Cattolica di Milano nonché membro del Comitato nazionale per la bioetica, “impedire che un professionista cambi la propria opinione su questioni etiche è discriminazione. Chiediamoci invece perché sempre più medici anche non cattolici si dichiarano obiettori coscienza”.
Professore, chiedere a un soggetto di rinunciare all’obiezione di coscienza e in caso contrario procedere con il licenziamento, è discriminatorio o no?
Il caso va analizzato e discusso nei suoi contenuti precisi. In ogni ambito lavorativo, se io cerco del personale che svolga una determinata mansione, questa persona deve assicurarmi che svolga la mansione per cui lo assumo. Non si tratta dunque di una discriminazione in sé, ma può diventarlo se in realtà la persona non viene adibita a svolgere solo quella mansione e in ogni caso se viene imposta una rinuncia al diritto fondamentale all’obiezione di coscienza per un tempo irregionevole impedendogli di cambiare idea e per di più proprio dopo aver fatto esperienza sul campo.
L’obiezione di coscienza è o non è un diritto costituzionale?
Pur non essendo prevista direttamente da una norma costituzionale, si può dire che abbia un fondamento costituzionale soprattutto quando chi la invoca si richiama a un diritto inviolabile come la tutela della vita o ad altri diritti fondamentali. Il Comitato nazionale per la bioetica ha approvato un documento che si ispira a questa idea che può valere in generale nella bioetica: la legge non può escludere la problematicità delle questioni impedendo ai professionisti di seguire la coscienza almeno quando si tratta di valori costituzionali fondamentali.
Vale anche per l’aborto?
Senz’altro, dato che chi fa obiezione di coscienza in questo ambito invoca un valore costituzionale di altissimo livello e cioè il diritto alla vita.
La Cei ha giustamente osservato che la legge 194 è stata pensata per prevenire l’aborto,non per incoraggiarlo. Un caso come quello del Lazio costituisceinvece un precedente che può prendere piede a livello nazionale
La legge sull’aborto non incoraggia l’aborto, ma anzi vorrebbe incoraggiare la procreazione cosciente e responsabile tutelando il valore sociale della maternità e la vita umana sin dal suo inizio. La legge è basata su un bilanciamento fra il diritto della donna alla tutela della sua salute fisica e psichica e il diritto alla vita del concepito. Nei primi 90 giorni di gravidanza riconosce il diritto all’aborto in caso di serio pericolo per la salute della donna, nei successivi 90 giorni occorre il grave pericolo. Da una parte quindi riconosce la possibilità dell’aborto nei casi previsti, e dall’altra salvaguarda il diritto all’obiezione coscienza.
Purtroppo l’obiettore viene spesso sottoposto a una critica superficiale e denigratoria quasi sabotasse la legge…
Invece sarebbe più serio chiedersi perché ci sono tanti obiettori anche fra persone che non necessariamente sono ispirate da principi religiosi. In ogni caso, il vero problema è di conciliare entrambe le tutele, quella a favore di chi si trova nelle condizioni per poter interrompere la gravidanza e lo chiede e i medici che fanno obiezione. I due diritti devono essere riconosciuti entrambi, non uno a scapito dell’altro.
Sta di fatto che il bando della regione Lazio offre posti di lavoro solo ai non obiettori con la scusante che i medici obiettori sono sempre di più e gli aborti non si riescono a fare.
Come ripeto, io mi domanderei piuttosto perché c’è una percentuale così alta di obiettori. E’ troppo facile insultare chi la fa; se c’è una larghissima fetta di medici che non coincide con i soli medici cattolici perché numericamente sarebbe impossibile, vuol dire che sul piano umano della professione medica i tanti obiettori hanno buone ragioni per non praticare aborti, non è un problema dei soli cattolici. Un vero paese democratico si deve porre davanti a questo dato e rifletterci sopra. Io, preferisco ritenere gli obiettori in buona fede e prenderli sul serio, ritenendo che chi solleva obiezioni a eseguire un aborto è perché si è reso conto delle implicazioni che comporta questa attività, cioè qualcosa di negativo e drammatico.
Però questo bando vuol rispondere, secondo taluni, al fatto che i medici obiettori impediscono gli aborti.
Era stata pensata una soluzione di buon senso, cioè che negli ospedali dove davvero si verificasse questo problema si procedesse a assunzioni a tempo determinato. Avrebbe un senso logico professionale. Questo concorso, mi pare, se da una parte può sembrare ragionevole per coprire un buco nel servizio ospedaliero, dall’altro pone problemi obiettivi di discriminazione tra obiettori e non, insinua il fatto che un mdico obiettore è professionalmente peggio di un medico non obiettore. Anche perché dubito che questi nuovi assunti siano adibiti a quella mansione soltanto, di qui la discriminazione.
Non ritiene che in ogni caso una concezione di questo tipo impedisca a un professionista che al momento dell’assunzione è un abortista convinto, di poter in futuro cambiare idea pena il licenziamento? Non si ricatta la libertà personale dell’individuo?
Il fatto di rinunciare per un lungo tempo all’obiezione di coscienza solo per mantenere il posto di lavoro è inaccettabile, imporre cioè a un soggetto di rinunciare a questo diritto per lungo tempo mi pare costituzionalmente poco difendibile.
(Paolo Vites)