Dal Vaticano si frenano gli entusiasmi dopo la scoperta degli Esopianeti in un altro sistema solare simile al nostro fatta dalla Nasa: non tanto per motivi “ideologici” ma nel pieno contenuto della scoperta stessa. A spiegare la posizione ci ha pensato oggi una lunga intervista di Guy Consolmagno, direttore della Specola Vaticana (centro studi di ricerche scientifiche e osservatorio della Chiesa Cattolica a Roma), all’agenzia AgenSir. «La squadra di esperti aveva già annunciato la scoperta di diversi pianeti in questo sistema solare e siamo a conoscenza dell’esistenza di varie migliaia di sistemi planetari. Conoscere l’esistenza di diversi sistemi planetari è il primo passo verso lo sviluppo di teorie scientifiche sulla formazione dei pianeti», afferma il direttore della Specola. Secondo l’osservatorio vaticano, quello che è interessante della scoperta degli esopianeti è il numero e la dimensione in rapporto alla loro stella Trappist-1. «Solo quando avremo conoscenza di una grande varietà di forme di vita saremo in grado di comprendere come la vita possa essere stata originata, e cosa intendiamo con il termine “vita”».
Si apre già una nuova sfida dopo la scoperta degli esopianeti extrasolari. Quella di trovare le tecnologie per raggiungerli. A dichiararlo è, come riporta Meteoweb.eu, Guido Tonelli, fisico dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e uno dei protagonisti della scoperta del bosone di Higgs al Cern di Ginevra. “La scoperta del mini-sistema solare che ruota attorno alla stella nana Trappist-1 è un risultato meraviglioso – afferma Tonelli – ma ci conferma quello che gli scienziati sanno da tempo. Moltissime stelle sono circondate da pianeti, e scoprire altri corpi celesti nei quali si sono sviluppate forme di vita potenzialmente simili alle nostre è solo questione di tempo“. Il fisico aggiunge che “per ora possiamo dire soltanto che si tratta di pianeti rocciosi, di dimensioni simili al nostro e che occupano orbite nelle quali l’acqua può trovarsi allo stato liquido. Fra pochi anni, quando riusciremo a raccogliere i primi dati inequivocabili sulla presenza di atmosfera e di composti organici, non avremo più dubbi“. E da quel momento l’obiettivo da raggiungere sarà appunto quello di cercare di arrvare sulle “Nuove Terre”: dovremo anche prepararci a un “vero e proprio shock culturale“, sottolinea Tonelli.
Il futuro in fondo è tutto qui: dopo la scoperta degli Esopianeti e di un nuovo sistema solare attorno a Trappist-1, non resta che capire se vi sia acqua liquida su questi sette pianti extrasolari e se soprattutto siamo in presenza di un’altra atmosfera oppure no. Questi due “banali” fattori sono in realtà il perno entro cui muoveranno le ricerche negli anni a venire, dopo la clamorosa scoperta annunciata di ieri dalla Nasa. Si può infatti dire che vi sia acqua sui pianeti di Trappist-1? Non ancora, ovviamente, altrimenti la scoperta invece che clamorosa sarebbe stata del tutto rivoluzionaria; ma non è detto tutto, visto che tre degli esopianeti “trappisti” si trovano direttamente nella fascia di abitabilità della loro stella e avrebbero come le abbiamo noi del resto le carte in regola per avere disponibilità di acqua liquida. Come replica Focus quest’oggi, «Uno dei tre pianeti idonei ha una massa che è fortemente indicativa di una composizione ricca d’acqua. Per gli altri quattro la presenza d’acqua liquida è probabile, ma molto dipende dalla loro composizione atmosferica. I tre più interni sono infatti molto vicini alla stella, e quello esterno potrebbe essere ghiacciato». Insomma, se vi sia lo schermo dell’atmosfera è un fattore decisivo che potrebbe decidere il futuro tra presenza di vita o assenza (almeno per quanto riguarda questo sistema solare lontano 39 anni luce dal nostro).
Fino ad ora le ricerche di possibili esopianeti extrasolari si erano concentrate, come ricorda Focus, intorno a stelle simili al nostro Sole per taglia e brillantezza. Solo di recente, e la scoperta annunciata ieri dalla Nasa ne è una conseguenza, si è riacceso l’interesse per stelle nane rosse fredde di classe M. Da questo interesse sono scaturite anche le ricerche che hanno portato all’individuazione della nana rossa ultra-fredda TRAPPIST-1 e dei sette esopianeti. La scoperta è stata effettuata in due fasi. Già da tempo infatti gli astronomi ipotizzavano che stelle con dimensioni simili a quella di TRAPPIST-1 potessero avere attorno molti pianeti rocciosi, di dimensioni simili alla Terra. TRAPPIST-1 è la prima di queste stelle che è stata sottoposta a osservazioni approfondite che hanno permesso la scoperta di “b”, “c” e “d” già nel 2015 e degli altri quattro esopianeti quest’anno.
La scoperta dei sette esopianeti attorno alla stella nana rossa di Trappist-1 non sono solo una scoperta scientifica come tante altre in passato: secondo gli studi della Nasa, pubblicati su Nature, il fattore decisivo perché possa accumunare queste scoperte alla nostra Terra si chiama “orbita”. Spieghiamo: con la scoperta dei sette pianeti extrasolari si scopre come tutti quanti stiano orbitando ad una distanza inferiore di quella intercorsa tra il Sole e Mercurio (i dati dicono circa 58 milioni di chilometri). Per questo motivo, spiega la Nasa, la bassa energia della stella Trappist-1 (molto meno rispetto al nostro Sole per intendersi) potrebbe rendere tutti questi esopianeti riceventi una quantità di energia analoga a quella che viene irradiata nel nostro Sistema tra Mercurio, Venere e Terra, i tre pianeti più simili tra loro nella “nostra” parte di Universo. Questo ancora dovrà essere verificato in maniera sempre più approfondita, ma di certo rappresenta uno dei motivi cardine della scoperta di possibili “altri” pianeti “terrestri”.
Si chiama Trappist-1 e con la scoperta degli Esopianeti che le gravitano attorno sarà la stella che rivoluzionerà il futuro della scienza nel complesso e quasi infinito cammino verso la conoscenza dell’Universo. I sette esopianeti orbitano intorno a una stella nana rossa (una stella più piccola e fredda del Sole) che si chiama per l’appunto TRAPPIST-1 e che è visibile nella costellazione dell’Acquario nel cielo notturno terrestre. Una rivoluzione appunto che per dimensioni fisiche assomiglia a Giove, in quanto a grandezza specifica: la nana rossa ha una massa pari all’8% di quella del Sole, e come abbiamo scoperto ieri dalla Nasa il nome del nuovo Sole proviene al telescopio belga che l’ha osservata portando alla incredibile scoperta degli esopianeti. Il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope installato nei pressi di La Silla, in Cile, e utilizzato per la sua osservazione. Come annunciato ieri sera, l’acronimo TRAPPIST è stato scelto per ricordare l’ordine monastico dei trappisti, noti per essere produttori di alcuni tipi di birra in Belgio. E allora con una buona bevuta stasera potremo brindare alla clamorosa scoperta scientifica, un baluardo che nei prossimi decenni sarà decisivo per andare a scoprire se davvero esiste vita oltre la Terra…
L’annuncio della scoperta degli esopianeti extrasolari è proprio il caso di dire che ha fatto il giro del mondo ieri sera quando la Nasa ha comunicato l’esistenza di un ‘nuovo sistema solare’. Ma come è avvenuta questa scoperta? I ricercatori, come riporta il Post, hanno determinato le caratteristiche dei sette pianeti grazie alle osservazioni e ai dati raccolti da diversi telescopi, come il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) e lo Spitzer Space Telescope della NASA, in orbita intorno alla Terra. La scoperta degli esopianeti extrasolari è stata effettuata con una tecnica che consente di osservare indirettamente nuovi corpi celesti: si osserva una stella e si rilevano i suoi periodici cambiamenti di luminosità, cambiamenti che si verificano quando un pianeta le passa davanti coprendola in parte, rispetto al punto di osservazione dalla Terra. Quindi sulla base dei cambiamenti della luce e di altri parametri, gli astronomi riescono a ricostruire molte informazioni sui pianeti e riescono a determinare le loro dimensioni, la composizione e la distanza dalla stella di riferimento.
La scoperta di esopianeti di un Sistema Solare con sette pianeti di dimensioni simili alla Terra, tre di cui in zona abitabile e nei quali potrebbe essere presente acqua liquida, potrebbe essere il risultato più clamoroso mai raggiunto prima nella ricerca di pianeti extrasolari. I pianeti in questione ruotano attorno ad una nana rossa ultrafredda, Trappist 1, che si trova a 39 anni luce dalla Terra. «Sarà interessante studiarli meglio» il commento dell’astrofisico Amedeo Balbi su Facebook. I telescopi terrestri, tra cui quelli dello European Southern Observatory, in Cile, e quello spaziale Spitzer della Nasa sono stati decisivi per la nuova scoperta. Hubble, invece, è stato già puntato verso il sistema di Trappist 1 alla ricerca di segni dell’eventuale presenza di atmosfera attorno ai pianeti. Secondo Emmanuel Jehin, membro del team che ha realizzato la scoperta degli esopianeti, con i nuovi telescopi e il lancio del James Webb Space Telescopi, previsto nel 2018, sarà possibile cercare acqua e forme di vita su questi pianeti. Clicca qui per visualizzare l’annuncio della Nasa.
C’è vita lontano dalla Terra? Questo interrogativo torna d’attualità dopo la scoperta di un nuovo Sistema Solare e, quindi, dell’esistenza di pianeti extrasolari. La Nasa ha annunciato che attorno alla stella Trappist 1 ci sono almeno sette pianeti, che girano su orbite allineate nello stesso piano. Un anno fa si pensava che avesse attorno a sé solo tre pianeti, poi la nuova scoperta degli esopianeti. La stella, grande quanto Giove e tre volte più fredda del Sole, non ha niente di speciale rispetto alle altre decine di miliardi della nostra Galassia, se non fosse appunto per la recente scoperta. Non si sa ancora nulla della durata del giorno per questi esopianeti extrasolari, perché non sono stati ancora visti ruotare. I nuovi pianeti sono stati scoperti perché visti passare davanti al disco di Trappist 1, cioè per averne oscurato periodicamente la luce, seppur di poco. È necessaria un’analisi spettroscopica della luce della stellina quando passa attraverso l’atmosfera del pianeta: per questo si sta costruendo la prossima generazione di telescopi, da terra e spazio.