Maria Giulia “Fatima” Sergio, la prima foreign fighter italiana, è stata condannata a nove anni dai giudici della I corte d’Assise di Milano perché era «fortemente determinata a dare il proprio contributo all’attuazione delle azioni terroristiche, ed anzi era desiderosa di compierle in prima persona». L’obiettivo di Maria Giulia “Fatima” era di aiutare l’Isis «anche attraverso l’arruolamento» dei familiari, che avrebbero potuto raggiungerla in Siria o fare il jihad in Italia. In Siria potrebbe trovarsi anche la sorella Marianna, anche se nei giorni scorsi Fatima ha detto che potrebbe essere già morta. Accolto, dunque, l’impianto accusatorio del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Paola Pirotta. È stato condannato anche il padre della 29enne, Sergio Sergio, a 4 anni, e il marito Aldo Kobuzi a 10 anni. Nelle 98 pagine di motivazioni della condanna sono presenti anche alcuni dettagli sul funzionamento dell’Isis e sulle condotte di Fatima, che ad esempio aveva cominciato ad addestrarsi all’uso delle armi.



Il rischio terrorismo in Italia è sempre più concreto: alcuni soggetti radicalizzati qui potrebbero decidere di non partire per la Siria e l’Iraq, preferendo compiere attentati nel nostro territorio. L’allarme è stato lanciato dall’intelligence italiana nell’annuale relazione inviata al Parlamento. Le difficoltà per arrivare in quelle aree spingono questi soggetti a decidere di non partire e a colpire qui. Diminuiscono le partenze dei foreign fighters dall’Italia, ma cresce il rischio di attentati “domestici”. Nella relazione è stata evidenziata la «pressante campagna intimidatoria» jihadista nei confronti dell’Italia con il tema dell’attesa della conquista di Roma. Circolano immagini che ritraggono monumenti e il Papa, ma al tempo stesso l’intelligence italiana segnala i successi del dispositivo nazionale di prevenzione, dimostrati dallo svolgimento pacifico di eventi di vasta portata internazionale e simbolica, come Expo e Giubileo.

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